«Nello stesso tempo che noi impegniamo ad ottenere l’autorizzazione ad avviare un progetto, Steve Jobs ha già il prodotto finito in mano e lo sta presentando al pubblico». Che il successo di Apple non fosse solo nel contenuto di innovazione dei suoi prodotti e nelle rivoluzionarie strategie di marketing, ma anche nell’efficienza e nelle modalità della sua “macchina” societaria e produttiva, era un dato che già tutti gli analisti e i semplici appassionati della mela sapevano da tempo, ma ora arriva un’altra – autorevolissima – conferma, questa volta da parte di William Lynn III, vicesegretario alla difesa dell’amministrazione Obama.
Nel suo intervento alla RSA IT security conference di San Francisco (un convegno annuale sulla crittografia e la sicurezza informatica), il numero due del dipartimento della difesa americano ha parlato della necessità, da parte del settore pubblico, di trovare nuovi e più efficaci modelli organizzativi e ha trovato nella Silicon Valley – e soprattutto ad Infinite Loopl – l’esempio da seguire.
«Il Pentagono – ha detto – ci mette 81 mesi per mettere in campo un nuovo sistema informatico, Apple ci ha messo 24 mesi per sviluppare iPhone. Non è un rapporto accettabile. Dobbiamo colmare questa lacuna».
Con la platea delle principali aziende che operano nel campo della tecnologia e dell’informatica in mente, Lynn ha anche annunciato l’avvio di un programma di “scambio culturale” per mutuare alcuni metodi utilizzati nel campo dell’industria privata, per un progetto sulla sicurezza informatica, che vedrà anche l’acquisizione da parte del governo di senior manager che si sono formati e hanno lavorato nella Valley.
L’intervento del vicesegretario è un nuovo segno di come l’amministrazione Obama guardi con interesse al mondo dell’IT. La cena di Obama con Zuckerberg, Schmidt e lo stesso Jobs – rimbalzata mediaticamente sui giornali di tutto il mondo per le indiscrezioni sulla salute di quest’ultimo -, aveva all’ordine del giorno proprio una riflessione sugli effetti sociali e politici (soprattutto nel terzo mondo) potranno cambiare gli scenari internazionali.
Un’attenzione politica che dice in maniera preoccupante di una scelta di fondo distante anni luce da quella percorsa nel nostro Paese – agli ultimi posti per investimenti nella ricerca e nell’innovazione – da parte di tutti gli schieramenti.