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Il Mac è catartico: intervista a Flavio Oreglio

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Sagace, tagliente e molto diretto: Flavio Oreglio è in tutto e per tutto l’incarnazione del suo personaggio, che abbiamo imparato ad apprezzare sui palchi di tutta Italia e nelle serate all’interno del piccolo schermo tra Zelig e altri programmi televisivi. Ma Oreglio è anche un utente Mac di vecchia data, un “cavernicolo informatico” come ama definirsi, che vive in simbiosi con il suo MacBook Pro in una maniacale ricerca dell’ordine assoluto, ma che ci è apparso, nonostante alcuni inusuali accanimenti, un utente ben più evoluto della media che sa sfruttare al massimo gli strumenti a sua disposizione e farli rendere al meglio. L’abbiamo incontrato nella sede della sua agenzia per quattro chiacchere sul Mac, sulla tecnologia e sul mondo dello spettacolo per scoprire qualcosa di più.

Il Mac è catartico: intervista a Flavio Oreglio

Flavio Oreglio, dal Commodore al Mac

Artista, cabarettista, umorista, scrittore e cantante, ma anche insegnante di scienze, matematica e chimica (è laureato in Scienze biologiche): non si parla molto del suo passato pre-artistico ma quando chiediamo a Flavio Oreglio come si passa dal fare il professore al palco di Zelig lui riassume tutto in una battuta “Sono passato dal biologo al monologo, è stato semplice, ho dimezzato gli sforzi e decuplicato il ricavo”.

Si sente uno scultore della parola, sola o accompagnata dalla musica. Il racconto è lo scopo principale, e l’espressione può assumere varie forme, dal monologo alla canzone alla poesia, che sostanzialmente sono versioni dello stesso messaggio, della stessa storia. Oreglio è una piccola Wikipedia del mondo dello spettacolo, una fonte inesauribile di nozioni più o meno tecniche sul suo lavoro. Così scopriamo che la parola Cabaret non è sinonimo di comicità, ma definisce una tipologia di spettacolo che è stato ed è ricettacolo di diverse forme d’arte che spaziano dalla poesia al monologo satirico-umoristico, dalle arti grafiche (pittura e vignette satiriche) alla canzone d’autore. Per contro, la “comicità” è un concetto riduttivo, perché non esaurisce il concetto (più ampio) del “ridere” cui appartengono anche il satirico, l’umoristico, l’ironico, il sarcastico, il grottesco e il ridicolo (concetti ben dettagliati nel libro “La vera storia del cabaret, dall’uomo delle taverne alla bit generation”.

Parlare con Flavio è sicuramente un’esperienza interessante: l’uomo dietro la maschera non è poi così diverso dal suo poeta catartico, con le dovute differenze, anche se le battute schioccano frequenti e sagaci, mai scontate e ricche di citazioni di vita vissuta e di situazioni analizzate. Durante l’intervista Flavio ha tenuto sempre accanto il suo MacBook Pro, un deposito di saggezza e suo archivio personale: “Perderlo sarebbe un disastro” ci racconta “perché qui dentro c’è (quasi) tutta la mia vita professionale, dai lavori passati a quelli in corso”. Il sistema operativo (OS X 10.8) usa ancora le classi colorate per file e cartelle, che Flavio ama moltissimo. Per questo motivo non ha gradito la notizia che con un upgrade, il colore degli elementi sparirà a favore di più elastici ma meno evidenti Tag. “Allora forse non aggiornerò mai” ha confessato.

Q: Flavio, in che modo il Mac e le tecnologie accessorie diventano importanti nel tuo lavoro?

La tecnologia è fondamentale: c’è stata una evoluzione negli anni. Ho preso il Commodore 64 non come facevano tutti solo per giocare ma per lavorarci, e all’inizio era sostanzialmente un sostituto della macchina da scrivere. Poi ho scoperto anche altre possibilità (soprattutto l’archiviazione) ed è stata una rivoluzione. Ci ho condensato tutta la mia memoria. Senza un computer non potrei pensare oggi di fare questo lavoro con ordine e velocità.
Sono passato anche attraverso il mondo Windows, ma considero il Mac come una vetta importante e imprescindibile. Già dall’inizio, ricordo la difficoltà del DOS nell’usare una interfaccia testuale mentre con il Mac già si usavano documenti e cartelle.

Il Mac è catartico: intervista a Flavio Oreglio

Q: Come ti senti rispetto ad amici e colleghi nell’utilizzo della tecnologia?

Sinceramente, sono sempre stato un passo indietro rispetto all’uso corrente delle tecnologie. Mi spiego meglio… mi ricordo quando arrivò la segreteria telefonica… tutti la consideravano imprescindibile ma io non la amavo, perché – forse un po’ scioccamente – ritenevo che chi voleva contattarmi veramente dovesse farlo per tempo e non all’ultimo momento. Quando poi sono arrivati i cellulari, io ho messo la segreteria telefonica e quando i cellulari si sono evoluti, io ho acquistato il mio primo cellulare (Flavio ha un vecchio modello a tasti, senza funzioni smart, “il cellulare di Landini” come lo chiamano i suoi figli, ndr). Oggi mi piace operare sui social ma solo quando sono a casa… appena esco di casa chiudo la compagnia virtuale perché mi immergo in quella reale fatta di veri contatti umani. Chi mi cerca mi deve chiamare.

 

Q: Nel telefilm “The Newsroom” il conduttore utilizza un MacBook Pro come gobbo: che ne dici, tu lo usi un gobbo elettronico?

Volendo si, è un utilizzo più che pratico. Io uso moltissimo Word per scrivere, lo considero pratico e utile per i miei libri e in generale per la scrittura. Ultimamente utilizzo PowerPoint per i miei spettacoli. Parole e immagini in teatro sono una bella sfida di comunicazione. Non mi sono mai soffermato molto invece sul cloud, ma più che altro perché non ho mai tempo.

Il Mac è catartico: intervista a Flavio Oreglio

Q: Adesso facciamo un passo più tecnico: un tempo per vederti era necessario venire ad uno spettacolo o guardare la TV, adesso basta guardare YouTube (Flavio ha anche il suo canale ufficiale). In prospettiva esisterà sempre il LIVE o prima o poi lo streaming lo sostituirà?

Io spero (e credo) che il LIVE esisterà sempre. Gli esseri umani sono fatti per stare insieme e così deve essere: gli strumenti che abbiamo oggi (come Facebook o i social in genere) permettono di aumentare i contatti, ma prima o poi questi contatti virtuali devono generare momenti reali, altrimenti si perde gran parte del gusto. Pensiamo ad uno scenario tipo “Wall-e” (il film Pixart, ndr) nel quale la gente è assuefatta dal virtuale ma alla fine basta sfiorare una mano per riscoprire l’emozione del contatto umano. Certo bisognerà lottare… La nuova generazione usa l’iPad come fosse normale, ma non possono e non devono dimenticare la bellezza dello stare insieme…. Magari anche solo davanti a un falò dove si esibisce il classico amico con la chitarra…

Il live – dice l’agente di Flavio – è l’unico momento in cui ti metti a nudo davanti al pubblico. Non a caso con Flavio abbiamo identificato un prodotto artistico che si chiama “Tracce d’autore” dove portiamo l’autore di un’opera, letteraria o musicale, davanti al pubblico. E’ un rapporto diretto con esposizione e domande, un prodotto molto interessante che facciamo con diversi autori sotto la direzione artistica di Flavio, che sta avendo un ottimo successo e che permette ad autori e pubblico di riscoprire l’arte e il confronto dal vivo”.

Q: Sentiamo il tuo punto di vista come cantante: quanto è cambiato il modo di fare musica oggi rispetto a ieri e quanto cambia nel quotidiano

Dal punto di vista della composizione si fa come prima, strumento, registratore, matita e foglio, anche se alcuni software ti aiutano fornendoti un aiuto. Tuttavia, se ti riferisci al modo di “realizzare musica” (cioè inciderla) è cambiato tutto: oggi chiunque può produrre un brano e farlo conoscere al mondo con strumenti come YouTube. Il rovescio della medaglia è che si crea una grandissima confusione. E ci sono anche delle nuove possibilità, con la realtà virtuale tu puoi vivere artisticamente solo nel web. Un video con una trovata geniale diventa virale e trova sponsor che pagano per metterci sopra la pubblicità. Fai tutto stando a casa e la tua fama può diventare globale. In un attimo.

Q: Analizziamo un altro aspetto: prima di iTunes la musica ruotava attorno al concetto di Album, fatto mediamente di 12/14 brani. Adesso non è più così, perché con iTunes o altri negozi puoi comperare (e pubblicare) anche solo un brano alla volta: tu come la vedi?

Qui tocchi un tasto dolente. Purtroppo la tecnologia modifica il modo di pensare. Dico purtroppo perché io sono un artista vecchio stile e ho un modo di vedere le cose piuttosto antico. Per me un artista è tale perché fa dei progetti che diventano poi supporti importanti per la sua storia. Oggi i supporti sono in crisi ma mantengono intatta tutta la loro poesia. Io continuo a produrli anche se hanno perso molto della loro funzione commerciale. I supporti mantengono la loro funzione storicizzante, sotto questo punto di vista internet perde rispetto al disco classico. Il problema sarà tenere in vita il punto di vista.

Q: E riguardo alla pirateria? Anche il mondo del cabaret la subisce?

La pirateria è sempre esistita ed esisterà in eterno. Oggi è più facile piratare, è inevitabile. Qui interviene ancora l’agente di Flavio: “Questo aspetto potrebbe essere limitato se il produttore vendesse direttamente al consumatore, utilizzando tra l’altro mezzi fisici. I contenuti fisici non sono replicabili, e seppure sia pur sempre possibile copiarlo in varie forme, non è detto che lo sforzo ne valga la pena. Se invece io metto online dei file in un certo senso facilito la cosa”.

Continua Flavio: “Sebbene non si possa mai mettere un freno del tutto, alla fine la fisicità dell’oggetto, l’amore che c’è dietro il progetto, compresa la fatica nei dettagli profusa per realizzarli, non è replicabile, se ne entra in possesso solo acquistando l’originale. Io credo che alla fine la verità stia nel mezzo di questi due mondi e che molto dipenda da quanto sei appassionato di questo o quell’artista. Ad esempio io sono da sempre un fan di Keith Emerson, purtroppo venuto a mancare recentemente, che ho conosciuto e con il quale ho anche fatto dei lavori. Un’esperienza fantastica. Ecco… io i dischi di Emerson, come il Vinile di Trilogy firmato da Emerson da Lake e da Palmer non mi sognerei mai di sostituirli con prodotti digitali… In fondo i fan sono un po’ feticisti. Al limite posso pensare di “affiancare” ai prodotti originali anche la versione digitale, per comodità di ascolto, per ascoltarli in auto o in qualunque altro momento. I vinili, i 33 giri, gli “LP” erano opere d’arte anche grafica… li si ascoltava una prima volta nel mentre che si creava l’audiocassetta e poi li si metteva nella confezione originale per non danneggiarli. Oggi queste procedure si sono perse, ma forse un po’ stanno tornando (corsi e ricorsi storici). In conclusione, ben venga il digitale che facilita la comunicazione ma non tutto potrà essere sostituito dal virtuale.

Altrimenti ci perdiamo un sacco di belle cose. Sesso incluso.

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