Aprire una backdoor per consentire ai governi di intercettare le comunicazioni nei cellulari e battere il terrorismo “non ha nessun senso”. È l’opinione, nota ma oggi più rilevante visto il contesto in cui viene reiterata, dettata a Reuters dai big della tecnologia tra cui Apple, Google e Microsoft, riuniti nell’Information Technology Industry Council, che raggruppa anche molte altre aziende e le rappresenta a Washington.
Il gruppo si dice «disposto a cercare soluzioni dopo l’orribile tragedia di Parigi, ma indebolire le funzionali di cifratura non è la soluzione. La cifratura dei dati è il modo con cui proteggiamo ogni giorno i conti bancari, gli aerei dall’attacco degli hacker e in generale per tutelare la nostra sicurezza e riservatezza».
La voce si fa sentire dopo che il tema dell’impossibilità anche da parte dei governi di accedere ai dati dei cellulari, siano essi numeri di telefono, appuntamenti di calendari, email, comunicazioni in voce, messaggistica, è balzato di nuovo in primo piano. Legislatori e alcuni funzionari dei servizi segreti hanno colto l’occasione degli attentati per rilanciare il dibattito secondo il quale le aziende tecnologiche devono cooperare con le autorità creando “backdoor” (letteralmente un ingresso di servzio) nei dispositivi e nelle piattaforme che sfruttano meccanismi di cifratura. Questo ingresso avrebbe chiavi che solo le autorità potrebbero maneggiare; secondo alcune autorità governative, la crescente prevalenza di mail e piattaforme di messaggistica cifrate quali iMessage o WhatsApp, ostacola infatti la loro capacità di monitorare presunti criminali e complotti di gruppi militanti.
In realtà, nonostante quanto indicato nelle prime notizie, non ci sono prove che almeno gli attentatori di Parigi abbiamo usato particolari meccanismi di comunicazione cifrata. Ad esempio, in un telefono trovato dalle autorità francesi su uno dei luoghi dell’attacco, ritenuto legato in qualche modo a uno dei sospetti, secondo i media erano presenti messaggi non cifrati.