L’annuncio dell’Apple Store a Milano non è stato l’unico tema affrontato da Cook nella sua intervista a Corriere della Sera, la prima intervista mai rilasciata ad un giornale italiano. L’amministratore delegato di Apple è infatti tornato su alcune tematiche, meno connesse con la quotidianità dell’utente italiano, ma che gli sono molto care, spaziando a 360 gradi: dall’impegno Apple alla privacy, al ruolo della nuova economia digitale nel mondo del lavoro, dal suo coming out, un servizio alla società che gli è costato parecchio, per finire con i prodotti di nuova generazione.
In primo piano, soprattuto, il concetto di rilevanza della privacy e l’impegno della Mela in questo ambito con il quale si dimostra che non è vero che, come sostiene qualcuno, non ci possa essere privacy nel cloud ed Apple: «Si possono fare grandi prodotti e insieme avere una adeguata protezione dei dati personali. Noi ad esempio progettiamo – ha detto Cook – i nostri prodotti in modo da mantenere la privacy delle persone. Cloud non significa «fine della privacy». Significa solo prestare più attenzione a come i prodotti sono concepiti per garantirla». Cook non ha mancato di mandare qualche stoccata, non nuova in verità, ad altre società come Facebook e Google, invitando ad essere sensibili sul fatto che «pezzi della propria vita sono presenti nei vari archivi online, tra cui informazioni sulla propria salute», spingendosi a paventare un futuro “orribile” «qualcosa di disastroso. E allora -dice Cook – faremo una pausa e diremo: «Perché abbiamo permesso tutto questo? Come è potuto accadere?». Io sono ottimista per natura e spero non si avveri, ma è per questo che insisto sulla privacy. Non è qualcosa di separato dal rispetto e dalla dignità umana. È un modo molto diverso di vedere rispetto ad altre aziende»
Cook ha parlato anche del suoi coming out, vincendo la sua naturale ritrosia a parlare del privato («Diventato Ceo di Apple, mi è diventato chiaro che avrei potuto fare la differenza, anche se magari solo per piccoli gruppi di persone») e delle prospettive per il mondo del lavoro dalla New Economy che è fatta anche di App e piattaforme mobili («Prima dovevi creare un prodotto e andare a lavorare con i rivenditori in ogni singola nazione. L’App Store ha permesso a chiunque di premere un bottone e creare un’offerta globale»).
Cook ha fatto anche qualche cenno ai prodotti Apple confessando che nessuno in azienda aveva previsto il successo di iPhone. A Cupertino sapevano che sarebbe stato un buon prodotto «ma nessuno aveva immaginato il successo che avrebbe avuto», soprattutto in correlazione all’ecosistema «con l’App Store – ha detto Cook – è cambiato il modo di fare innovazione. All’inizio veniva da Apple, attraverso l’iPhone, ma in aggiunta a questo ora ci sono 12 milioni di sviluppatori che innovano a un ritmo incredibile. L’ecosistema è incredibilmente forte».
Poi una parola su iPad e iPad Pro: «Ho profonda fiducia nell’iPad e nel mercato dei tablet: l’iPad Pro attirerà attenzione nel segmento business ma anche quella dei creativi a cui diamo una penna digitale dalle caratteristiche uniche. E anche per il multimedia è uno strumento fantastico. Molti sostituiranno il loro vecchio iPad, altri lo impiegheranno al posto di un PC». Un futuro di sostituo del computer da viaggio è nel conto. Lo stesso Cook che ama ancora moltissimo il Mac «ma in questi giorni in viaggio e ho con me solo iPad Pro e iPhone.
Infine nella parte finale, l’annuncio, di cui parliamo in un’altra notizia: Milano avrà il suo store «con un design incredibile, un simbolo di apprezzamento verso la vostra cultura. Sarà un grande negozio e assumeremo molte persone. Vogliamo essere dentro la vita della comunità di cui ci mettiamo al servizio». Il servizio alla comunità, appunto: una delle ossessioni più moralmente apprezzabili di Cook.