Khalid Shaikh è un imprenditore pakistano. Con la sua società , Perfect Acumen, ha realizzato 943 applicazioni, definibili come assolutamente inutili. E ovviamente tutte a pagamento. In nove mesi i 26 dipendenti di Khalid Shaikh hanno realizzato il fiume di software, con medie di 5 applicazioni al giorno per 250 giorni senza vacanze o stop. Adesso, Apple, dopo avere approvato e permesso l’acquisto dei suoi software, ha cambiato idea ed ha deciso di metterlo fuori da App store.
Il caso in sé è abbastanza interessante, ma quel che ci sta dietro lo è ancora di più. Khalid Shaikh verrà presto dimenticato: è in realtà un furbacchione che ha messo insieme un gruppo di sviluppatori di ObjectC di uno dei paradisi dell’outsourcing (India e Pakistan sono le regine di questo settore) e si è messo con furbizia a rimpacchettare le applicazioni web che trovava a giro, oppure a creare scorciatoie a basso costo verso Internet: un’applicazione a pagamento per vedere quattro foto di ragazze seminude al giorno, un’altra con gli uomini svestiti, un’altra ancora con i puzzle sotto ai quali si cela un panorama o una immagine da cartolina. E via dicendo.
Il limite più interno è invece quello del rapporto con Apple. L’azienda ha chiesto nel tempo maggiori informazioni di almeno cento applicazioni, ed ha ricevuto tonnellate di proteste sia da parte di truffati che non riescono a usare le applicazioni (la “fabbrichetta” di Khalid Shaikh non effettua beta testing approfondito e non pubblica quasi mai aggiornamenti) che da parte di altri sviluppatori circa il tipo di software realizzato (venduto peraltro a prezzi consistenti, 5 dollari più che non 99 centesimi).
L’attività di Khalid Shaikh è simile a quella degli spammer: vendendo a pochi, ma buttando fuori tantissimo e in continuazione (che dire delle applicazioni con notizie per l’esercito americano, cioè un banale feed reader che carica il feed Rss del sito istituzionale dell’esercito, oppure di una applicazione per avere cura della propria pelle, che è una brochure digitalizzata, e via dicendo). In questo modo, fanno i soldi: non sono milioni gli acquirenti, ma poche centinaia se non qualche migliaio (tutte le novità vengono prima o poi sperimentate da qualche utilizzatore di iPhone, statisticamente) che pagano e poi odiano quel che hanno comprato. Quanto basta per garantire un flusso di cassa di qualche migliaio di dollari al giorno a Khalid Shaikh, secondo le statistiche.
Ci sono ovviamente anche altri che giocano la stessa carta. Praticamente nessuno su questa scala, anche se va detto che ad esempio Brighthouse Labs ha realizzato circa duemila applicazioni, tutte a costi infimi (99 centesimi) e con scopi altrettanto inutili. à una tattica simile a quella usata da Khalid Shaikh, con la differenza che il basso costo cerca di ampliare la base. L’inutilità al limite della truffa, l’abbondanza estrema e la mancanza di test e aggiornamenti sono analoghi. Altri hanno proposto, in lingua inglese, centinaia di libri di pubblico dominio (cioè privi di costi per chi li pubblica) incapsulati ciascuno in una applicazione diversa al costo di qualche dollaro, anche in questo caso guadagnando migliaia di dollari con grande semplicità .
Il problema dunque non è l’autoregolazione del mercato, intesa come la volontà dei clienti di Apple di far emergere le applicazioni migliori, perché questa funziona sino a un certo punto (le tattiche da spammer come questa la vanificano e aggiungono “rumore” al negozio di Apple), ma invece la capacità di Apple di approfondire il contenuto delle applicazioni. Cosa c’è dentro e dietro il processo di revisione e approvazione da parte di Apple? Quali tipi di variabili tocca e quanto queste possono essere truccate da qualche furbo giocatore?
A Las Vegas nei giochi come sette e mezzo è vietato contare le carte, chi ci prova è difficile da individuare ma non impossibile. Ci sono quindi persone pagate apposta per svolgere questa operazione e “beccare” il furbo e ci riescono. Non possiamo pensare Apple non abbia la possibilità di allestire un sistema simile e trovare chi su App Store “conta le carte”?