Ci sono molti modi per mandare “un messaggio”: si può lasciare una testa di cavallo mozzata nel letto, un coniglio scuoiato in pentola, uno schizzo di inchiostro su un muro. Oppure, parlare per due ore a una platea di quasi 6 mila sviluppatori, dicendo tutto quello che gli sviluppatori vogliono sentirsi dire. Questa è, secondo gli osservatori, quello che Apple ha fatto: una prova muscolare dal palco del Moscone Center di San Francisco, al termine della quale è stato ben chiaro a tutti i convenuti che l’azienda di Cupertino domina e ha tutta l’intenzione di continuare a dominare il mercato, con l’aiuto dei suoi sviluppatori.
Ovviamente, nessuno può sapere se davvero Apple è destinata a dominare il mercato di personal computer e smartphone, ma lavora duramente per dare l’idea. La prima rassicurazione è che anche senza Steve Jobs l’azienda è alacremente all’opera per sviluppare software e hardware sulla carta vincente. I nuovi prodotti non cambiano l’estetica ma riordinano e danno nuova potenza ai prodotti di Cupertino. La serie di portatili adesso è riorganizzata con nuovi processori, nuove tecnologie, funzionalità più logiche (Firewire 800 per il 13 pollici, porta per schede SD per tutti, batterie intelligenti e non sostituibili per tutti), un nuovo “Pro” (il 13 in alluminio) e la serie MacBook semplice fatta “solo” con il modello in policarbonato bianco, aggiornato peraltro meno di dieci giorni fa silenziosamente.
Anche per iPhone, che adesso ha con la versione 3 del sistema operativo un canestro pieno di funzionalità e novità tecnologiche, arriva il momento di andare all’incasso e Apple presenta quello che avrebbe dovuto presentare da un anno (compreso il copia e incolla, e gli mms) aggiungendo un netto abbassamento dei prezzi.
Infine, il sistema operativo, che porta miglioramenti profondi e condivisi dalle tecnologie di Mac Os X: evoluzione e non rivoluzione ma che saranno adatti a tutti. C’è quasi un attimo di tristezza pensando che Snow Leopard non potrà mai girare su architetture G4 e G5, ma poi si comprende che la possibilità di averne la nuova versione a 29 dollari è spettacolare per quanto riguarda le attese della maggior parte degli utenti.
I messaggi di Apple agli sviluppatori allora sono proprio questi: dominiamo il mercato, continueremo a farlo, abbassiamo i prezzi perché siamo gli unici con i volumi e l’efficienza (cioè i margini) che ci consentono di guadagnare anche durante la crisi, di crescere anche quando gli altri rallentano o tirano fuori risultati preceduti dal segno meno. E tutto questo non solo nel mezzo del tifone finanziario (fanno impressione qui a San Francisco le numerose vetrine vuote su Market street, con la scritta “vendesi”), ma anche della crisi di maturità di una Apple che adesso dimostra di essere in grado di resistere sei mesi senza il suo leader: Steve Jobs il cui rientro è previsto per fine mese e che comunque si dovrebbe essere mosso dietro le quinte per assicurarsi che tutto procedesse in maniera corretta.
Adesso, la parola è agli sviluppatori e soprattutto al loro lavoro: vedremo se sapranno tenere dietro al tasso di innovazione di Apple, e creare sempre nuovi software e soluzioni, portando il mercato a quelle vette che solo Apple sta raggiungendo in questo periodo, come i risultati per le applicazioni: 1 miliardo di download dopo 9 mesi dal lancio di App store, ma soprattutto 50mila applicazioni (erano 35mila un mese fa) rispetto a una concorrenza sempre più in crisi. Si vedano infatti i 4900 pezzi di software per Android, i 1088 per Ovi di Nokia (“eliminati i doppioni”, spiega Schiller), i 1030 per Blackberry e le sole 8 applicazioni per la matricola Pre di Palm.