I futuri dirigenti Apple si formano studiando la forma mentis e la filosofia di preparazione di un pianista. Per quanto possa sembrare strano, sarebbe proprio un grande artista della tastiera, e non parliamo di quella del computer, Glenn Gloud, a costituire il tema di uno dei corsi della Apple University, una sorta d’istituzione poco visibile (per qualcuno quasi segreta) nata con lo scopo di forgiare la “cultura Apple”.
A insegnare il metodo Gloud è professor Joshua Cohen, filosofo americano considerato uno dei “padri” dello “sperimentalismo democratico”; si tratta di un seminario di tre ore al centro del quale si illustrano la capacità del celebre artista di selezionare il repertorio, le sue capacità tecniche, di rileggere e interpretare alcuni grandi classici, oltre che la sua sensibilità. Cohen spiega in un’intervista che il seminario consiste in “chiacchierate sulle qualità umane di Gould, importanti per riuscire a capire come ottenere qualcosa di veramente straordinario – così come straordinarie erano le sue performance musicali”. La particolare attenzione per i dettagli è il punto centrale delle conversazioni che riguardano il pianista, argomento che trova forte eco nelle persone con cui ha a che fare il professore.
Cohen, che ha ottenuto un dottorato in filosofia a Harvard, illustra i dettagli della famosa prima incisione delle Variazioni Goldberg di J.S. Bach, considerata all’epoca un’esecuzione assurdamente impegnativa. Gould era ritenuto un testardo, un aspetto della personalità che sembra toccare le corde dei futuri decision-maker di Apple, estasiati dalla sua “irragionevole volontà” – che lo portava a non preoccuparsi dei metodi classici di suonare le cose, spinto “dalla forza della convinzione di essere nel giusto”.
Si potrebbe essere tentati di fare un parallelo con Steve Jobs. Il defunto co-fondatore di Apple era, in effetti, un fan di Gould e disse al suo biografo Walter Isaacson che amava in particolare ascoltare il contrasto tra le due versioni delle Variazioni Goldberg eseguite da Glenn Gould.
Gould incise la prima nel 1955, quando era un pianista ventiduenne pressoché ignoto, e la seconda nel 1981, un anno prima di morire. “Sono come il giorno e la notte”, disse Jobs a Isaacson, dopo averle ascoltate una dopo l’altra. “La prima è giovane, spumeggiante, vivace, suonata così in fretta che ne rimani piacevolmente sorpreso. La seconda è assai più sobria e misurata. Ci senti un’anima molto profonda che ha vissuto tante esperienze nella vita. È più meditata e più saggia”. Isaacson chiese a Jobs quale preferisse: “Gould prediligeva di gran lunga, la versione tarda” rispose Jobs, “Io un tempo preferivo quella giovanile, allegra, ma ora capisco perché gli piaceva di più la seconda”.