La storia dei Premium Reseller italiani parte dal Settembre 2004 con il primo punto vendita che poteva fregiarsi del logo della mela bianca su campo nero: era Mac@Work di Milano e non era neppure un Premium reseller visto che i negozi qualificati da Apple si chiamavano a quel tempo Apple Center e pure Mac@Work ora si chiama semplicemente @Work per seguire le politiche di Cupertino su marchi e nomi.
Denominazioni mutanti a parte, gli Apple Premium Reseller hanno avuto nel tempo ed hanno tuttora delle caratteristiche costanti: la collocazione nel centro storico delle città o in centri commerciali di prestigio, un layout con elementi comuni come i grandi banchi dalla conformazione a trilite o round bench tronco conici di varie misure, i mobili-espositori di colore nero o in cristallo e la cassa a forma ellittica sempre con sviluppo verticale tronco conico.
Comuni ai negozi anche i grandi pannelli rettangolari circondati da luci al neon che riportano le ultime novità dei prodotti con una grafica colorata congruente con quella del sito web e la disposizione dei prodotti sui grandi tavoli per il resto ci si adatta perlopiù a seguire la variegata dislocazione dei locali dei centri storici molto che molto spesso a causa di una distribuzione a lotto gotico riducono lo spazio vetrina per allungarsi in profondità e richiedere la presenza di più piani d’esposizione.
Ma Apple non richiede soltanto ai suoi negozi di essere un segno tangibile del suo stile sul territorio: nel corso degli anni ha sviluppato una politica di vendita che non riguarda solo la proposizione del prodotto ma anche la promozione del valore aggiunto della formazione, della divulgazione del cosiddetto “digital lifestyle” in modo far giungere al più vasto pubblico possibile il messaggio di sistemi facili da utilizzare, efficienti e soprattutto divertenti: sia che vengano utilizzati per la musica da ascoltare che per la creazione di contenuti personali o ambito lavorativo.
E’ un filo che unisce (oltre alla collocazione in una galleria del centro città ) il negozio di Via Carducci al cinquantesimo della serie: la volontà di trasformare un “punto vendita” in un motore della cultura digitale, dell’accesso alle infinite risorse che la società dell’intercomunicazione totale (nel luogo e nel tempo) ci permette.
Prosegue su questa pagina con una galleria commentata sul nuovo APR di Pesaro.