Nella nascita di iPhone ci sono due settimane cruciali, quelle messe a disposizione da Steve Jobs al team che creò l’iPhone originale e durante e quali, tracciando il termine oltre il quale non si sarebbe potuto andare, si arrivò all’idea dello scorrimento per sbloccare il dispositivo, all’uso di input basati su touch e gesture, di fatto il profilo identitario del telefono Apple e di tutti, o quasi, i telefoni touch oggi in commercio.
A raccontare la storia è Greg Christie, senior software engineer di Apple, in un’intervista con The Wall Street Journal che parte proprio dall’ultimatum imposto da Jobs. Christie che era (ed è, giacché è ancora in Apple) un veterano dell’azienda, presente a Cupertino dai tempi del PDA Newton, spiega che Jobs stava attendendo la presentazione del progetto sulle caratteristiche software di iPhone da troppo tempo; per questo un giorno convocò i manager del gruppo e diede due settimane di tempo per presentare qualcosa di tangibile prima di assegnare il progetto a un team differente.
La pressione posta dal fondatore di Apple portò a un’accelerazione del lavoro, determinando la nascita dell’idea dello “slide to unlock” e degli input basati su touch e gesture, di fatto l’abbandono della tastiera.
Alcune delle idee del team arrivarono proprio da Newton al cui team Christie aveva lavorato dopo essere entrato in Apple nel 1996; quando il PDA, fu cancellato con il ritorno di Jobs, egli fu messo al lavoro su altri programmi; nel 2004 Scott Forstall (allora vicepresidente della sezione software) offrì all’ingegnere la possibilità di lavorare sul progetto iPhone, o meglio, al “project purple”, com’era denominato in codice il telefono.
Forstall, racconta Christie, si presentò da lui, chiuse la porta, e gli disse che dovevano fare un telefono con riproduttore di musica integrato. Tutta l’idea di iPhone fu poi elaborata con incontri bisettimanali, con Jobs sempre presente in prima persona; fu così che “l’assurdamente piccolo” team, presentò una soluzione che fu approvata.
L’idea doveva essere presentata prima a Jobs, poi al direttore del consiglio di amministrazione Bill Campbell e infine a Jony Ive. Nel frattempo Greg Joswiak monitorava l’industria del settore per capire se qualcun altro avesse avuto idee simili.
Christie dice che Jobs si entusiasmò subito dalle potenzialità software dell’iPhone e spiega i dettagli ai quali i vari impiegati dovevano prestare attenzione per tenere segreto il progetto. Due volte al mese Jobs e i team incaricati si incontravano in una piccola sala riunioni alla quale solo pochissime persone potevano accedere (neanche gli addetti alle pulizie); le immagini che riguardavano il dispositivo dovevano essere cifrate con uno speciale codice dai dipendenti.
Quando venne finalmente il momento in cui Jobs fu convinto di quel che aveva visto, il gruppo che lavorava a iPhone e che si era scontrato con problematiche che oggi tendiamo a neppure considerare (esempio creare un ordine in conversazione dei messaggi invece che l’allora comune ordine cronologico), Jobs chiamò Campbell e fece ripetere la presentazione a uno dei membri del consiglio di amministrazione cui Jobs era più vicino.
Christie fu talmente entusiasta da dire allora che iPhone sarebbe stato un prodotto più importante del Mac. Il giorno successivo fu poi chiamato Jonathan Ive che stava lavorando all’hardware; Ive fu subito incuriosito dalla soluzione adottata per manovrare il software usando semplicemente lo schermo touch; Jobs intervenne e si assunse lui l’incarico dell’esposizione del progetto: «Il suo entusiasmo era immenso», dice Christie.
Come abbiamo già scritto altre volte, Jobs e Forstall permettevano l’accesso alla vera interfaccia dell’iPhone solo a un numero selezionato di persone, anche all’interno del gruppo di ricerca autonomo più segreto nella storia di Apple; anche i pochi “eletti” dovevano ad ogni modo passare attraverso un procedimento di approvazione completa multi-piano.
“Bisognava firmare dei documenti legali, Steve li doveva approvare e poi andare da Forstall” ricorda il top iPhone manager Andy Grignom, il quale non poteva parlare del progetto neanche con la moglie. Ai dipendenti che si portavano a casa un po’ di lavoro, era chiesto di operare su un computer in una stanza chiusa a chiave.
Christie ricorda anche che il giorno in cui si dovette presentare iPhone, Jobs voleva qualche cosa di colorato per dimostrare le funzioni musicali del telefono; anche la musica doveva essere “roba da Steve Jobs”; venne così scelto Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, che aveva il pregio di presentare molti volti, l’ideale per lo schermo di iPhone.
Questi dettagli sulla creazione del primo iPhone, arrivano in concomitanza del secondo procedimento legale che vede contrapposte Apple e Samsung; per questa ragione la casa di Cupertino ha consentito a Christie di parlare delle origini di iPhone, giacché alcune delle idee che furono all’origine di del dispositivo sono al centro delle accuse di plagio che la Mela rivolge ai coreani. Le due società sono impegnate da anni in vari tribunali. Ad avere la meglio finora è stata Apple: solo presso la corte federale di San Jose negli ultimi due anni due giurie hanno riconosciuto alla casa di Cupertino, nel complesso, un risarcimento di 930 milioni di dollari.
Per altri dettagli sulla genesi che portò alla nascita di iPhone e iPad, vi rimandiamo a questo nostro articolo.