“Nessun’altra azienda è vittima come noi delle entità non praticanti (altro nome per indicare i patent troll, ndr)” ha recentemente dichiarato Apple alla Federal Trade Commission (FTC), l’equivalente statunitense dell’autorità garante della concorrenza.
L’ultimo attacco la scorsa settimana: un patent troll tedesco ha fatto causa ad Apple chiedendo danni per oltre 1,57 miliardi di euro. Al centro dell’azione legale, la presunta violazione di un brevetto europeo posseduto da IPCom, essenziale per i dispositivi 3G e LTE, un brevetto già contestato da Nokia, HTC e Vodafone.
La Patent Assertion Entity, più comunemente conosciuta come un’entità non praticante o patent troll, lo ricordiamo, basa la propria attività economica sulla registrazione generalizzata e indiscriminata del maggior numero possibile di brevetti, richiedendo poi il pagamento delle relative royalty a chiunque utilizzi quelle tecnologie o quei metodi di produzione.
Il Chicago Tribune evidenzia un documento dal quale si evince che in 92 casi esaminati, 57 sono stati chiusi e in 51 di questi Apple ha dovuto pagare i patent troll, persino in alcuni casi nei quali il giudice si era espresso a favore della casa di Cupertino. I legali di Apple spiegano: “Raramente abbiamo perso nel merito ma la vittoria è solo una piccola consolazione e ogni volta abbiamo dovuto supportare spese legali”; i legali fanno capire che il più delle volte si fa prima ad accordarsi che perdersi in lungaggini. Piuttosto che sostenere il costo e il tempo necessario alla gestione di una causa legale, la maggior parte delle aziende preferisce pagare i patent troll. Questi ultimi lo sanno bene, tanto che le contestazioni per vie legali dei brevetti costituiscono la linfa vitale che permette ai patent troll di fare business e di prosperare. Solo in sei casi Apple ha preferito andare fino in fondo, non cedere alle richieste dei patent troll, concludendo con la vittoria o la rinuncia della controparte.
Questi processi sono spesso molto difficili da gestire per diverse ragioni : opinioni diverse degli imputati, concetti astratti, necessità di tempo per preparare le argomentazioni da sottoporre alla corte. Tra le società che hanno scelto da tempo di combattere i patent troll, c’è Kasperksy Lab. L’ultima vittoria a ottobre dello scorso anno nella causa avviata da Lodsys, azienda con sede in Texas che opera come Patent Assertion Entity. “La nostra posizione è ferma. Nessuna concessione ai truffatori informatici. Invitiamo tutte le altre aziende IT a continuare a lottare e non cedere. Solo così sarà possibile liberarci una volta per tutte di questi parassiti dei brevetti”, ha a suo tempo dichiarato Eugene Kaspersky, CEO e presidente di Kaspersky Lab.