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«Apple deve…», una storia dei buoni consigli non richiesti

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Apple dovrebbe fare questo, Apple dovrebbe fare quest’altro. Se c’è un’azienda costantemente bombardata di “buoni” consigli è certamente la casa di Cupertino: semplici utenti, blogger, giornalisti, analisti e chi più ne ha, più ne metta, dispensano di continuo su forum, blog, e siti specializzati e no, suggerimenti all’amministratore delegato e al consiglio di amministrazione. Benchè sia impossibile fare un censimento completo di quel che Apple dovrebbe fare secondo chi la segue, un sito statunitense ha provato a fare un piccolo elenco di alcuni suggerimenti cercando di capire cosa è accaduto nel frattempo e la loro validità con il senno di poi.

Si va dall’apertura dell’architettura Mac che avrebbero voluto Bill Gates e Jeff Raikes nel 1985, ai netbook che consigliava David Carnoy di C-Net, al consiglio di Don Reisinger di sfruttare Google Voice nel 2009; c’era chi suggeriva il lancio di un iPhone NFC ( Brett King, un futurista e conferenziere) al Mac touchscreen che consigliava nel 2003 Gary Judge di Head4Space.com fino al licenziamento auspicato da Fraser Seitel per Tim Cook. Non è difficile immaginare (con il senno di poi) che molti dei consigli in questione sarebbero stati o tempo sprecato oppure vere e proprie follie.

La più importante e nota tra le collezioni di consigli venne pubblicata nel 1997 dal statunitense Wired. Nella rivista, aperta da una famosa e suggestiva copertina con il logo della Mela coronato di spine, simbolo della passione dell’azienda,  su cui campeggiava la scritta “Prey!” (Pregate), erano riportati 101 cose da fare. In quegli anni era facile lanciarsi in accuse compilando un elenco di errori: il CEO era Gil Amelio, a listino Apple aveva ancora il Newton, i G3 e si faceva concorrenza da sola autorizzando terze-parti a costruire cloni, la gamma di prodotti sul mercato era confusa e contraddittoria, c’erano settori dell’azienda che lavoravano in autonomia sfornando ogni settimana dispositivi che nascevano morti e servizi che non funzionavano e arrivavano in ritardo rispetto alla concorrenza. Derek Warren aveva provato a ripercorrere la lista di Wired (che conteneva anche suggerimenti ironici: fai pronunciare ad Amelio discorsi più corti e fagli mettere pantaloni più stretti, fai chiamare un gelato con il nome di un Mac; spingi Jobs a farsi ricrescere la barba per tornare ai vecchi tempi, lancia il Shaquintosh e sponsorizzalo con Shaquille O’Neal; cambia nome in Papaya e punta al Sud America) e  alcune raccomandazioni dell’epoca sembrano essere state seguite: l’apertura di store al dettaglio, la produzione in subappalto, evidenziare nelle pubblicità i punti deboli dei concorrenti, l’abbandono della produzione di dispositivi quali: scanner, stampanti, eMate e Newton, concentrandosi esclusivamente su soluzioni wireless, dispositivi portatili e ultra-portatili, eseguire il porting di Mac OS su CPU Intel; costruire prodotti di design; usare persone reali negli spot; dare piena autorità a Steve Jobs. Molti altri consigli non sono stati, invece, seguiti, altri ancora si sono rivelati con il senno di poi assurdi e illogici: abbandonare il kernel Mach, continuare a clonare i Mac, rendere compatibili Linux e BeOS con i portatili

L’aspetto più interessante, complessivamente, è che nella maggior parte dei consigli il riferimento intorno al quale essi ruotavano era Microsoft. Nessuno immaginava che in futuro Apple avrebbe messo fuori quadro la rivale con la quale allora, secondo tutti, doveva confrontarsi e men che meno nessuno si è mai immaginato che gli avversari veri sarebbero stati Nokia, Samsung, Motorola. Anzi nessuno dei futurologi e dispensatori di buoni consigli aveva pensato che per “salvarsi” e vincere Apple avrebbe dovuto battere realtà del tutto sconosciute se non neppure nate come Google e HTC.

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