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In attesa del Macworld: gli USA tra showbusiness e crisi

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Negli Stati Uniti la crisi è più visibile la si nota anche semplicemente passeggiando nelle vie centrali e principali di San Francisco, capitale della Silicon Valley: importanti catene di negozi e punti vendita di grandi dimensioni sono completamente vuoti. Rimangono alcune insegne e lunghe coperture di legno che testimoniano chiusure e passaggi di gestione. Il San Francisco Chronicle conferma le sensazioni visive: si calcola che oltre il 10 per cento dei grandi mall e centri commerciali degli USA chiuderà , se non ha già  cessato l’attività , entro il 2009. Per la prima volta in anni migliaia di metri quadrati di punti vendita e migliaia di persone perderanno il posto di lavoro.

L’aria di crisi e un’euforia smorzata dominano su tutto, anche sull’apertura lavori del Macworld qui in San Francisco e per l’imminente CES di Las Vegas che aprirà  i battenti poco dopo, dall’8 gennaio. Sulla stampa nazionale le due ultime e più importanti fiere della tecnologia guadagnano un angolo importante nelle prime pagine. In queste ore un tempo cariche di aspettative, previsioni mirabolanti e interminabili code di giornalisti e visitatori, fanno soprattutto scalpore le assenze: quella di Jobs per la prima volta assente dal Macworld e quella di Gates che sarà  sostituito da Ballmer nel discorso inaugurale del CES.

In un periodo in cui qualsiasi taglio di costi appare non solo necessario ma anche giustificato, gli analisti ragionano sul significato degli eventi fieristici. Richard Doherty di Envisioneering Group è convinto che nei periodi di crisi le prime attività  a essere tagliate siano proprie le fiere. Doherty calcola che “il Macworld costa ad Apple 25 milioni di dollari e oltre all’anno” conclidendo che si tratta di una cifra significativa che può essere meglio spesa per migliorare la catena di negozi Apple Store.

Tim Bajarin di Creative Strategies dà  voce a un sentimento comune tra giornalisti, espositori e anche semplici visitatori: “Se Apple avesse avuto intenzione di sfornare qualcosa di veramente importante, Steve sarebbe presente”. Negli articoli dei giornali della mattina in San Francisco, scritti ieri sera, si trovano ancora le congetture circa la salute di Jobs che hanno dominato Web e carta fino alla dichiarazione ufficiale di Jobs rilasciata poche ore fa. Indipendentemente dalle ragioni dell’assenza del CEO, l’analista Gene Munster di Piper Jaffray sostiene che la sostituzione con Phil Schiller “è una chiara indicazione di un cambiamento al vertice in corso” in Cupertino.

Lo stesso clima sommesso domina la vigilia del CES: i giornali parlano di un calo del 10 per cento degli espositori che passano dai precedenti 3mila agli attuali 2.700. Anche le società  che partecipano riducono sensibilmente il personale presente: tre o quattro rappresentati negli stand invece delle squadre di 20 e più degli scorsi anni. Le previsioni sono tinte di grigio anche per quanto riguarda le vendite: i consumatori spendono meno. I gadget hi-tech che saranno presentati nelle due manifestazioni IT potrebbero non suscitare l’interesse dei consumatori meno disposti a mettere mano al portafogli: uniche eccezione i dispositivi mobile e quelli relativi al collegamento veloce a Internet. Insomma la crisi che sta colpendo duramente anche gli USA getta un’ombra che raffredda l’aspettativa circa Macworld e CES per quanto riguarda previsioni di vendita e di mercato, per ora sembra colpire meno duramente l’entusiasmo degli appassionati ma questo si vedrà  solo da domani, quando apriranno i cancelli del Macworld. Nel clima sommesso delle due vigilie spiccano i due grandi assenti Jobs e Gates che entrambi per il primo anno mancheranno dalle scene

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