I cinesi la chiamano “Guanxi”. Cioè, quella complessa rete di relazioni personali e di rapporti che consentono nella vita sociale come in quella degli affari di accumulare “capitale” immateriale. Insomma, quanto più uno ha Guanxi, tanto meglio è.
Steve Jobs ha tonnellate, ettolitri, ettari di Guanxi. E li usa quotidianamente. Per questo è giudicato insostituibile alla guida di Apple come al consiglio di amministrazione della Disney. E per questo adesso c’è dibattito, più che non in Apple, in Disney su quale sia il futuro dell’azienda di Topolino se Steve Jobs non dovesse essere più a portata di mano. Macity ne ha già scritto giorni addietro, riportando la notizia che Jobs ha manifestato l’intenzione di restare nel board di Apple come director.
Facciamo un passo indietro. L’attuale Ceo di Disney, Bob Iger, lunga carriera in Disney anche nella televisione, è un fan appassionato di Jobs. Si sentono telefonicamente in continuazione, Jobs è in pratica il suo consigliere (e artefice oltre che partner principale) delle strategie digitali per i contenuti, a partire dai telefilm di Abc e i programmi di Espn, sino ai film della Disney Picture e le altre filiali della multinazionale del divertimento e del tempo libero. Ce la può fare Iger senza il consiglio e in qualche caso lo spalleggiamento del primo, singolo azionista di Disney (grazie alla vendita di Pixar) e gran “volpe” del futuro digitale della convergenza dei media?
Molti pensano di no. Chi pensava Jobs e Apple e Pixar non fossero rilevanti, cioè il vecchio Ceo di Disney, Michael Eisner, hanno dovuto imparare la lezione nel modo più duro: perdendo il posto tre anni fa. Adesso, Iger vuole Jobs e vuole i suoi consigli, e vuole la sua capacità di fare rete e il suo network di contatti e amicizie e la sua intelligenza e anche, ovviamente, il team di punta della ex-sua Pixar che sta dando iniezioni di contante a Disney, oltre che di creatività .
Si fa tanto parlare del valore immateriale delle relazioni, della capacità che una volta aveva la vecchia industria e finanza americana, quella a cavallo tra ottocento e novecento, di legare in una stanza la crema degli imprenditori e dei bancari, dei finanzieri e dei manager ante litteram, e adesso che c’è la rete, che è cambiata la società , che si seguono paradigmi nuovi (le reti informali di creativi e di innovatori), Steve Jobs ha assunto il ruolo di uno dei grandi snodi e catalizzatori di questa nuova società del business convergente. La sua mancanza è un rischio per lucro cessante e danno emergente. Il contagio della potenziale crisi di Apple anche per Disney, se Steve Jobs dovesse allontanarsi definitivamente dalle scene, è più che concreto. E gli azionisti e gli analisti dell’azienda lo sanno molto bene.