Stando a quanto riporta il sito AFR (Australian Financial Review), i servizi d’intelligence della difesa del Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Canada e Nuova Zelanda avrebbero bloccato i PC Lenovo (marchio cinese) poiché sospettati di integrare una backdoor che consentirebbe l’accesso in remoto all’insaputa dell’utente. Il meccanismo che consente l’accesso in remoto sarebbe integrato via hardware rendendolo trasparente e indipendente dal sistema operativo utilizzato. Il produttore cinese è presente sin dal 2000 in una black list e sembra che non sia la prima volta che sia stato scoperto a distribuire prodotti con backdoor e vulnerabilità, inaccettabili per la clientela governativa.
Non è la prima volta che società cinesi sono accusate di spionaggio. Negli Stati Uniti lo scorso anno Huawei e ZTE sono state accusate di mettere a rischio la sicurezza nazionale: le due società avrebbero messo in commercio dispositivi e tecnologie per fornire ai servizi segreti metodi per spiare le comunicazioni. Le due aziende in questione hanno respinto sdegnosamente le accuse parlando di suggestioni ingiustificate.
Tornando a Lenovo, questa afferma di non sapere nulla del divieto di vendita e in un comunicato dichiara che i suoi prodotti “si sono mostrati più e più volte affidabili per le aziende e i clienti del settore pubblico, garantendo l’impegno a soddisfare le esigenze in termini di sicurezza”. Secondo il Professor John Villasenor, della Brookings Institution la globalizzazione del mercato dei semiconduttori rende “non solo possibile ma inevitabile che i chip siano intenzionalmente modificati con codice nascosto e trojan inseriti nelle circuiterie alla catena di approvvigionamento”.
Con un fatturato di 30 miliardi di dollari, Lenovo è oggi una società tecnologica di primissimo piano e il secondo venditore di PC al mondo. Conta oggi dipendenti attivi in oltre 60 paesi e serve clienti in più di 160 nazioni.