Chi sono gli uomini dietro alla mela? Ce lo racconta Leander Kahney, uno dei più famosi “giornalisti di Mac” negli Stati Uniti e non solo, ex responsabile delle storie sulla casa della Mela per Wired e autore di tre fortunati libri (Il Culto del Mac, il Culto dell’iPod e il recente Dentro la testa di Steve Jobs). E ce lo racconta andando a scovare un testimone d’eccezione, cioè uno degli uomini chiave che hanno seguito dal ritorno di Steve Jobs in avanti la vita di Apple: Ken Segall.
In un lungo pezzo-intervista, Kahney fa raccontare a Segall tutto quel che c’è da sapere su Apple. Emergono particolari inediti dall’uomo che, lavorando per la famosa agenzia pubblicitaria TbwaChiatDay (quella che con Steve Jobs al comando ha curato tutte le più importanti campagne dell’azienda di Cupertino), ha avuto l’occasione di prendere decisioni storiche, proporre marchi oramai metabolizzati dall’immaginario collettivo, testimoniare cambiamenti storici.
Segall è stato uno dei più stretti collaboratori di Lee Clow, il capo dell’ufficio creatività dell’agenzia e che nei giorni scorsi sembrava stesse andandosene ma che invece è ancora al suo posto di lavoro. E Segall ha potuto testimoniare momenti storici, come ad esempio la nascita della campagna Think Different, l’occasione di una vita in cui si dà la possibilità all’agenzia di ri-definire per il pubblico quale sia non solo il tipo di prodotti ma anche l’identità dell’azienda medesima: “à un tipo di incarico che non ti capita molto spesso”, ha spiegato Segall.
Nella lunga descrizione di come la campagna sia stata studiata e poi modificata, evolvendo, Segall richiama alla memoria l’art director Craig Tanimoto, che ha avuto l’idea di chiamare Think Different proprio così, “Think Different”. Fino a capire che la capacità di pensare differente di Apple è una scintilla che prescinde dai prodotti e che esiste da molto prima: per questo la campagna nasce come celebrazione di persone che nel passato e nel presente “sono capaci di cambiare le cose” e di “spingere la razza umana avanti”. A Jobs il tipo di campagna piacque moltissimo.
Da ricordare che quella campagna durata cinque anni è una delle più di successo di sempre, ha definito una generazione di utenti Mac e di dipendenti di Apple, è la più amata di sempre ed è il primo spot pubblicitario ad aver vinto un premio Emmy.
Ancora: la decisione di dare un nome al nuovo computer straordinario e mostrato in anteprima che nel 1998 aveva il compito (perfettamente assolto) di salvare l’azienda dalla bancarotta, venne da Segall. Fu lui, insieme a una lista piuttosto lunga di nomi, a trovare quello adatto, cioè iMac. Un nome che all’inizio secondo Segall a Jobs non piacque (lo rifiutò infatti per ben due volte) ma che, dopo un po’ di tempo, venne metabolizzato dal grande capo e ancora oggi definisce il desktop di maggior successo di Apple ma ha dato il via, con quella “i” lì davanti, ad un vero e proprio fattore identificativo del prodotto Apple in senso lato.
Segall ricorda anche come si lavori con Steve Jobs, attività che ha avuto la possibilità di perseguire per un quindicennio. L’uomo è secondo Jobs come un personaggio di Walt Disney: “à al massimo delle sue capacità nel creare i team di lavoro, in questo modo è creativo. Si circonda di persone creative e gli dà lo spazio per esserlo. à un mix molto particolare di gusto, carisma e capacità di non fare compromessi”.
Segall ricorda anche le mitiche arrabbiature di Steve Jobs, che non è un mistero per nessuno sia stato soprattutto più da giovane un tipo piuttosto “infiammabile”. Segall conferma che, Jobs, in alcuni momenti, può fare davvero paura anche se per la maggior parte del tempo è prevalentemente carismatico e divertente. “Questo lato della sua personalità convince la gente a seguirlo”, spiega Segall, che aggiunge: “Jobs si accende prevalentemente quando scopre che le cose non hanno fatto progressi. Se non vede la gente tirare fuori il lavoro in due settimane. In questi casi si arrabbia davvero. Perché tutto è in costante movimento, dentro Apple: ci sono sempre nuovi prodotti che vengono fuori”.
Oggi Segall non lavora più per Apple ma per Dell come cliente. “Dell e Apple sono come la notte e il giorno. Il mondo in cui vive Dell è fatto di transazioni economiche. à tutto una questione di numeri. E infatti quando quelli di Dell dicono che Apple fa prodotti per se stessa, hanno ragione. Per Apple è una questione di cambiare il mondo: invece, per tutti gli altri è solo una questione di soldi”.