I MacBook Air 2013, con le Airport e Time capsule, sono gli due unici prodotti hardware annunciati alla WWDC 2013 lo scorso 10 giugno e subito distribuiti nei negozi. Sono state presentate le consuete due versioni da 11 e 13 pollici, sostanzialmente identiche nell’aspetto esteriore e nel peso ai modelli precedenti, con unico particolare esteriore infinitesimale (ma di importanti conseguenze) che cambia, cioè la presenza di un secondo foro per microfono sul lato sinistro della scocca.
Invece, all’interno i cambiamenti sono parecchi, a partire dal nuovo processore Intel Haswell ULT a basso consumo, la RAM LPDDR3 a basso consumo, l’SSD più veloce del 45% perché connesso direttamente al bus della PCIe anziché alla Pata/Sata, il nuovo Wi-Fi veloce 802.11ac e l’unità per la grafica integrata Intel HD Graphics 5000 che condivide la memoria RAM.
Il MacBook Air 2013 in prova, fornito per due settimane da Apple, è quello da 13 pollici basato su Intel Core i5 dual-core a 1,3GHz (Turbo Boost fino a 2,6GHz) con 3MB di cache L3 condivisa. Esiste anche una versione configurabile con Intel Core i7 dual-core a 1,7GHz (Turbo Boost fino a 3,3GHz) con 4MB di cache L3 condivisa su cui non ho potuto effettuare alcun test. Il MacBook Air 13″ in prova – sul quale stiamo scrivendo questa recensione – ha anche 4 GB di RAM LPDDR3 a 1600 MHz, SSD Samsung da 128 GB e offre secondo Apple un aumento ragguardevole di autonomia della batteria: per un uso medio (navigazione, scrittura, Wi-Fi attivo e luminosità a tre quarti del massimo) si passa dalle sette alle 12 ore di uso, fino a 10 ore di riproduzione film HD da iTunes. fino a 30 giorni in standby (per il modello da 11 pollici, che ha le stesse caratteristiche di memoria RAM, SSD e processore, si passa da cinque a nove ore, per che per i film diventano otto).
IL TEST
La prova del computer si è svolta in modo empirico e senza utilizzare strumenti di laboratorio, se non due software per misurare le prestazioni complessive del computer (Geekbench) e del drive SSD (BlackMagic Disk Speed Test). In realtà, il punto chiave della prova è stato capire se la scelta strategica di Apple ha raggiunto gli obiettivi che l’azienda si era posta. Apple con questa generazione dell’AIR ha scommesso sull’autonomia e non sulla potenza (che sulla carta rimane sostanzialmente analoga a quella della generazione precedente) o sulle migliorate performance video (niente schermo Retina, il display rimane l’ottimo pannello con la stessa risoluzione della generazione precedente).
L’obiettivo esplicito di Apple è stato quello di sfruttare al massimo e in anticipo sulla concorrenza i processori Haswell di Intel, che sono una specie di miracolo dell’elettronica visto che consentono di aumentare radicalmente l’autonomia della generazione precedente riducendo i consumi senza però intaccare le performance. Per capire quanto questo obiettivo sia centrale nella strategia 2013-2014 di Apple, basta notare che anche Mavericks, la versione 10.9 di OS X per adesso ancora in versione preliminare sino al prossimo autunno, è altresì orientato alla ricerca di una maggiore efficienza del sistema operativo con una radicale riduzione dei consumi.
Nel corso della recensione del MacBook Air 2013 abbiamo utilizzato per i primi giorni OS X 10.8.4 e negli ultimi giorni la prima e poi la seconda beta di Mavericks. Il cuore del computer è apparso fin da subito il processore che nella versione i5 si dimostra più che all’altezza della sua fama, sia in termini di potenza che di efficienza energetica. Ma sotto il velo di alluminio estruso di questo computer super-sottile c’è molto di più. Vediamolo.
Qui sotto la prima delle tre gallerie (foto di Settimio Perlini) che vi permetteranno di conoscerne tutti i dettagli.
L’unità SSD
La scelta di Apple di passare a una tecnologia diversa da SATA per il collegamento della memoria di massa alla scheda madre e quindi al processore è stata strategica. Il collo di bottiglia delle potenzialità dell’attuale generazione di silicio per SSD è infatti il bus di collegamento. Al posto del collegamento SATA, Apple ha deciso di seguire la proposta dei produttori di tecnologie (segnatamente Samsung e SanDisk) sposando la versione di dimensioni più ridotte che collega l’SSD alla scheda madre tramite la PCIe. Cresce non solo la velocità assoluta di trasferimento dei dati, ma anche il numero di canali in parallelo lungo i quali i dati scorrono. La velocità complessiva è così notevolmente più alta e lo è in proporzione alle dimensioni del drive SSD. Cioè i drive da 128 GB sono più veloci del 50% rispetto agli SSD tradizionali, ma i modelli da 256 GB sono ancora più veloci, e proporzionalmente anche quelli da 512 GB.
La versione di MBA 13 in prova integra il drive SSD Samsung da 128 GB. Secondo le prove effettuate con BlackMagic Disk Speed Test è in grado di raggiungere 688 MB/s in lettura e 428 MB/s in scrittura, prestazioni di gran lunga più elevate rispetto alla generazione immediatamente precedente dei drive SSD di Samsung e Toshiba utilizzati da Apple a partire dal 2010, che avevano velocità comprese tra i 157MB/s in scrittura e i 188MB/s in lettura.
Apple nel MacBook Air 2013 utilizza due “corsie” dati bidirezionali completamente simmetriche da 500 MB/s l’una, per un totale di 1 GB/s verso il processore e altrettanti verso l’unità SSD. Rispetto ai 2 GB/s della PCIe, la prestazione da 600 MB/s della SATA III diventa quasi irrilevante.
Un enorme passo in avanti dunque. Ma la velocità è determinata anche dalla capacità nel mondo reale dell’SSD di riuscire a movimentare in parallelo un quantitativo così alto di dati. Dipende cioè da quanti chip sul drive SSD sono in grado di avere accesso in parallelo. L’attuale drive da 128 è costituito da 16 die NAND indipendenti, accorpati in 4 chip separati. Invece, il modello da 256 GB ha 32 die NAND accorpati in 8 chip separati. Questo vuol dire esattamente il doppio delle connessioni e una velocità di trasferimento dati quasi proporzionalmente più elevata.
In ogni caso, le prestazioni del nuovo sistema di archiviazione dei dati sono impressionanti. Non solo rendono il risveglio del MBA dallo stato di stop pressoché istantaneo (circa un secondo, quando si finisce di aprire il coperchio del computer il Mac è già attivo e pronto) ma offrono una generale spinta alla performance di tutte le applicazioni del computer. È la stessa strategia alla base del successo iniziale del MacBook Air (a partire dai modelli del 2010, dotati di sola memoria SSD) che rende la macchina più performante grazie alla maggiore velocità del sistema I/O. In questo senso Apple ha deciso di portare avanti coerentemente lo sviluppo della piattaforma MBA e va detto che, analizzando il nuovo MBA la coerenza e la focalizzazione del disegno di Apple per questo computer appare davvero notevole.
IL PROCESSORE
La CPU è il pezzo da novanta del sistema. Si tratta del jolly che ha permesso ad Apple di fare un aggiornamento del MacBook Air di tutto rispetto, praticamente rivoluzionario. Haswell è un processore docile, potente e risparmioso. Fa parte della famiglia Haswell di cui Macity ha più volte scritto (qui in particolare abbiamo detto dei consumi ridotti). In breve, si tratta della nuova generazione di processori Intel Core. Utilizzando la tecnologia multigate FinFET e una lavorazione a 22 nanometri, Intel ha preparato tre versioni del processore: quella per computer desktop (Haswell DT) quella per laptop tradizionale (Haswell MB), tutte e due montate su socket, e quella saldata direttamente su scheda madre (BGA), a sua volta divisa in tre differenti classi di consumo: Haswell H da 47 watt per gli all in one, mini PC e altri sistemi “piccoli”; Haswell ULT da 13,5 watt per gli Ultrabook (utilizzata su questi MBA) e la versione Haswell ULX da 10 watt per tablet e altri dispositivi.
La versione di base del MBA della CPU i5 ha un clock che si ferma a 1,3 GHz, ma può andare in Turbo Boost fino a 2,6 GHz. Inoltre, vero jolly a disposizione del sistema, c’è la GPU integrata HD 5000. Solo certe versioni dei processori BGA di questa generazione hanno a disposizione la grafica integrata basta su sistema GT3 (Intel HD 5000, Intel Iris 5100), o GT3e (Intel Iris Pro 5200) mentre tutti gli altri modelli BGA hanno la vecchia grafica GT2 (Intel HD 4X00). La funzionalità di questa accoppiata è notevole e permette, assieme all’unità SSD notevolmente più veloce, di compensare in maniera notevole la diminuzione di potenza nominale necessaria a raggiungere una soglia di consumi (e quindi risparmio energetico) significativa.
Nell’uso quotidiano non sembra di avere in mano un computer che gira con un processore da “soli” 1,3 GHz, soprattutto quando la generazione precedente aveva processori Ivy Bridge Core i5 da 1,8 GHz (e Core i7 da 2.0 GHz). Il computer è in grado di sgranocchiare video in alta definizione 1080p su YouTube e in streaming da altre sorgenti senza rallentamenti, l’apertura e l’inizio della decodifica di video HD anche dall’unità SSD è praticamente istantanea. Per i videogiochi e i programmi professionali la performance è leggermente superiore a quella della generazione precedente, grazie soprattutto al migliore comparto grafico.
Chi scrive utilizza solitamente un MBA 11 con processore i7 Sandy Bridge del 2011 da 1.8 GHz. Le prestazioni di questo i5 sono decisamente superiori. Non sono soltanto i due anni di distanza a fare la differenza, ma soprattutto la maggiore efficienza energetica e le progressive ottimizzazioni di OS X. Il sistema operativo di Apple ha iniziato con Lion (10.7) un ciclo di cambiamenti e ottimizzazioni iniziate con la transizione ai 64 bit (che ha avuto un effetto benefico sull’efficienza dei Mac, tornati a computare istruzioni “RISC” dopo la pausa “CISC” delle architetture x86 a 32 bit) e che adesso con Mavericks (10.9) raggiunge un alto di gamma. Il sistema operativo fa miracoli nel ridare efficienza anche a macchine non più nuovissime, permette di avere migliori performance nella gestione della memoria, più sicurezza, più risparmio energetico.
Certo, con Haswell a 1.3 GHz non è che si può pretendere di utilizzare Final Cut Pro tutto il giorno, fare rendering in Photoshop dalla mattina alla sera, compilare progetti complessi, fare mix di multitraccia con Logic Pro o giocare ad altissima risoluzione con Max Payne, Tomb Raider o X-Plane magari su due monitor Thunderbolt… Però tutto il resto si riesce a fare più che bene. E non è poco. Soprattutto se, come vedremo tra un attimo, l’obiettivo è l’utilizzo da “computer di tutti i giorni”.
LO SCHERMO E IL RESTO
Viene accusato di essere il limite, l’errore, lo sbaglio di Apple. Soprattutto perché la risoluzione non è stata aggiornata a partire dal 2010, mentre nel frattempo sono nati i MacBook Pro retina display (rMBP) e tutti speravano in un rMBA, un MacBook Air con schermo retina. Sarebbe stato sicuramente molto bello, ma non avrebbe offerto neanche un quarto della batteria che riesce a fornire adesso. E il vantaggio dal punto di vista della portabilità non sarebbe poi così elevato, visto che batterie più grandi (e maggiore spessore dello schermo retina) avrebbero richiesto aumento di dimensioni e peso, mentre esiste già il MacBook Pro retina con schermo da 13 pollici.
Invece, la risoluzione da 1440×900 pixel, seppure minore a quella di alcuni ultrabook della concorrenza, è assolutamente di tutto rilievo e basata su un pannello di alta qualità, con un’ottima resa dei colori. Apple pare aver migliorato ulteriormente la resa del modello da 11 pollici, mentre non ci sono cambiamenti da segnalare per quello da 13 pollici in prova (perlomeno, niente che sia percepibile a occhio nudo senza smontare il computer e andare a vedere i numeri con cui è marchiata la componentistica interna).
Rimane della stessa qualità anche il sensore video FaceTime HD da 720p (in gergo televisivo si chiamerebbe “HD Ready” anziché “Full HD”) e la risoluzione del monitor esterno collegato arriva sino a 2560×1600 pixel, esattamente come le generazioni precedenti. Quanto basta per pilotare un monitor Apple Cinema Display da 27 pollici sia Thunderbolt che la precedente serie Mini DisplayPort. L’utilizzo del pannello ottimizzato con luce LED comunque è una delle chiavi di durata della batteria, assieme all’uso di un nuovo tipo di RAM.
La dotazione di memoria RAM è analoga al precedente modello: 4 GB aggiornabili a 8 GB solo in versione Built-to-order. La RAM è saldata sulla scheda madre e non può essere più aggiornata, infatti. Si tratta di un tipo particolare di RAM, più costosa del solito, che permette di avere un notevole vantaggio in termini di consumi: infatti anziché 1,5 volt il consumo medio è di 1,35 volt, che calano rapidamente a meno di un volt in condizioni di basso utilizzo. Assieme alla migliorata gestione della memoria e ad altri meccanismi di ottimizzazione dei cicli a disposizione delle applicazioni consentiti da alcune tecnologie Apple e soprattutto dal processore Haswell, c’è un miglioramento complessivo dei consumi che rende il MacBook Air 13″ una vera e propria macchina da combattimento per il road warrior.
Invece, non abbiamo trovato la prima difficoltà che viene indicata da alcuni sui forum e sulle quali starebbe indagando anche Apple: la perdita delle connessioni Wi-Fi. L’altro problema, comune a tutte le versioni di OS X, è invece il limite di velocità verso l’alto nel trasferimento dei documenti di grandi dimensione utilizzando AFP o SMB sul Wi-Fi.
Si tratta di un limite software, sul quale Apple dovrebbe presto proporre una patch, che è emerso grazie alla nuova 802.11ac, molto più veloce delle precedenti connessioni wireless. Il limite di AFP e SMB è stato trovato ritestando le connessioni con IPERF, un tool software che crea connessioni dirette server-client su TCP o UDP e che viaggia a “velocità piena” sulle stessi reti dove AFP o SMB vanno molto più piano. In ogni caso, non è un problema determinante, perlomeno nel medio periodo.
Qui sotto i dettagli costruttivi denotano l’ormai proverbiale cura del dettaglio e qualità dei prodotti Apple.
LA PROVA SU STRADA (FINALMENTE)
La difficoltà nell’affrontare questa parte dell’articolo è notevole. Perché l’autonomia di questo computer, che stiamo utilizzando in questo momento in un bar di Milano collegato in Wi-Fi per scrivere la recensione, scaricare la posta e tenere aperti un’altra dozzina di pagine web oltre a Twitter e Scrivener (il software che utilizziamo come videoscrittura), è semplicemente imbarazzante. Scaricare completamente la batteria utilizzando il computer (lasciandolo in stand-by per 30 giorni appare fuori discussione) è letteralmente un lavoro. Per la prima volta usciamo di casa senza portarci il caricabatteria e rientriamo con ancora numerose ore di autonomia a disposizione.
Il trucco è il tipo di utilizzo: se si fa quel che ho scritto sopra, cioè un uso tra il moderato e il medio del computer, si raggiungono risultati impressionanti.
La batteria segna una autonomia del 65% e ancora 10 ore e 25 minuti di tempo di utilizzo. A piena carica la batteria ha una capacità leggermente al di sopra dei 7150 milliampere-ora (l’indicazione data da Battery Guru al primo ciclo di carica è di una capacità di 7439 milliampere-ora, pari al 104% di quanto dichiarato da Apple e dai suoi fornitori in fase di installazione della batteria). Questo si traduce, a seconda del carico di lavoro e della sua stabilità (quanto tempo cioè si passa in una singola applicazione o pagina web con lo schermo a tre quarti della illuminazione e il Wi-Fi attivo) con autonomie di 13, 14 e anche 15 ore. Sono cifre indicative, che cambiano a seconda degli stati della macchina (se aumenta il lavoro o se diminuisce) ma che indicano molto chiaramente che nell’indicare l’autonomia di questo computer in 12 ore Apple è stata decisamente conservativa.
Bisogna intendersi però su che cosa significhino queste 15 ore di autonomia. È, come dicevo, un valore indicativo e tendenziale, che si riflette anche nello stile di uso del computer. Non pensiate che con questa generazione di MacBook Air 13″ si possano fare sistematicamente 15 o più ore di qualsiasi tipo di utilizzo. Invece, con un utilizzo molto morigerato si arriva a questa durata, e con un uso leggermente più intenso a valori nell’ordine delle 10-12 ore effettive. Se invece si comincia a spingere sull’acceleratore, ad esempio giocando o facendo altri tipi di utilizzi molto intensivo di processore, grafica e magari anche unità SSD, si può ridurre facilmente la durata della batteria a 5 ore.
Dal punto di vista personale si tratta di risultati di tutto rispetto, praticamente inediti e per certi versi trasformativi del mercato. Un tipo di computer di questa classe, resistenza e leggerezza in grado di fornire questo livello di prestazioni e di avere una simile autonomia è qualcosa di inedito e molto simile a un sogno. C’è da chiedersi cosa sarebbe successo se il processore Haswell e questo MacBook Air fossero arrivati nel 2009, prima della nascita dell’iPad con le sue dieci rivoluzionarie ore di autonomia.
CONCLUSIONI
Chi scrive è veramente affaticato. Non pensavamo che sarebbe arrivato il giorno in cui avremmo fatto fatica a finire la batteria di un computer. In cui ci saremmo stufato dell’autonomia residua, e in cui abituarsi ad avere così tanta energia sotto il cofano sarebbe stato quasi un problema. Siamo abituati a programmare l’uso del nostro computer rispetto all’iPad anche sulla base della sua autonomia, oltre che da quella della praticità (l’iPad è utilizzabile in contesti ove un MacBook diventa meno pratico) e in questo caso siamo andati letteralmente in tilt. Sembra di vivere con una prolunga infinita che ci tiene collegati sempre alla presa della corrente elettrica: non pensavamo di vedere una macchina raggiungere questo tipo di efficienza in così breve tempo.
E all’efficienza del processore si accompagna anche un’ottima risposta in termini di efficienza termica (che dopotutto è un ottimo indicatore dell’andamento dei consumi), perché nonostante i 32 gradi di Milano, che di solito cominciano a mettere in crisi i portatili soprattutto se ultra sottili, il computer di Apple appare sostanzialmente indifferente. Non è stato caricato eccessivamente, tuttavia i sensori interni segnalano che la batteria si mantiene a 30 gradi, il processore richiede un utilizzo minimalistico della ventola (che ha il passo variabile e a bassa velocità è praticamente inesistente) mentre la mancanza di un drive meccanico rende nel complesso il computer anche molto silenzioso e privo di vibrazioni.
Difficile valutare quale sarà nel complesso l’impatto della versione definitiva del nuovo OS X, 10.9 Mavericks, sui tempi di utilizzo della batteria del MacBook Air 13″, anche perché non è ancora pronta la versione definitiva e quindi non sarebbe corretto impegnarsi in valutazioni avventate. C’è da dire però che l’efficienza e l’integrazione raggiunte da Apple con questo computer sono da Oscar. Il sistema operativo diventa ogni giorno che passa più efficiente (addirittura, le specifiche richieste da Mavericks per funzionare su un Mac sono quelle del precedente Mountain Lion, alla faccia dell’obsolescenza programmata). Chi scrive negli ultimi dieci anni ha lavorato sempre su Mac, passato su Mac il suo tempo libero informatico (con fette sempre maggiori dedicate a iOS), e ha avuto l’opportunità di provare praticamente tutti i modelli di Mac commercializzati, in alcuni casi tutte le generazioni.
Per quanto riguarda il MacBook Air, abbiamo potuto provare letteralmente tutti i modelli commercializzati, a partire dal pionieristico modello del 2008, dotato – quello sì – di uno spaventoso collo di bottiglia rappresentato dal drive interno da 2,5 pollici, lo stesso usato sull’iPod classic. Una macchina che però, nonostante questa limitazione architetturale (alla quale si poteva ovviare con un costosissimo drive SSD da appena 64 GB), era chiaramente rivoluzionaria. Andava piano, faticava, scaldava anche, ma trasformava radicalmente il modo di lavorare e il rapporto che molti di noi avrebbero avuto in futuro con i personal computer portatili, al punto da rivoluzionare il settore e creare una nuova categoria, i cosiddetti UltraBook. E pensare che quel MacBook Air del 2008 aveva un processore “Merom” da 1.6 o da 1.8 GHz. Una lumaca rispetto all’attuale Haswell i5 da 1.3 GHz. Un segno che resilienza e decrescita, in questo senso letteralmente, possono coniugarsi con lo sviluppo e dare frutti straordinari. Aumentare efficienza ed efficacia, senza dover aumentare consumi e ingombri o dover varare una nuova linea di produzione dei “gusci” in alluminio estruso di questi MacBook Air.
UN’ULTIMA NOTA, A PIE’ DI PAGINA
Un’ultima nota. Questa nuova generazione di MBA al suo interno vede ridurre in maniera più che percepibile le dimensioni della già minuscola scheda madre, adesso sempre più “sgombra” di componenti per il fenomeno dei SOC, system on a chip, e per la razionalizzazione, pulizia e miniaturizzazione introdotta anche grazie ai nuovi drive SSD collegati direttamente alla PCIe. Uno dei requisiti per il varo della prima generazione dei MacBook Air era stata proprio la capacità di ingegnerizzare assieme una serie di novità tecnologiche e condensarle in spazi molto ridotti. La scheda madre lunga quanto una matita, però, che all’epoca del lancio del primo Air era sembrata minuscola adesso comincia ad essere quasi ingombrante davanti alla capacità di miniaturizzazione raggiunta in altri apparecchi (penso, ad esempio, agli iPad e agli iPad mini).
Se questa volta Apple ha deciso di mantenere intatto un “concept” di ultrabook molto sottile, compatto, resistente e bello, non è detto che vorrà farlo anche più avanti. Magari già l’anno prossimo si creerà lo spazio per far evolvere ulteriormente e in maniera sostanziale il design di questo computer, che pare avviato verso una convergenza tecnologica ancora prima che di software con l’altra piattaforma touch basata su iOS di Apple.
Avremo tempo per vederlo nei prossimi anni. Sicuramente per almeno altri 12-18 mesi non ci saranno novità sostanziali sul fronte del MBA. E celebrare questa nuova generazione dotata di una batteria straordinaria, di un processore/grafica notevole e di un drive SSD fulminante è già un risultato di tutto rilievo. Il MacBook Air del 2013 è per molti versi una macchina da sogno. Un prodotto giunto a straordinaria maturità, che riesce a sfruttare il massimo dalla corsa verso la miniaturizzazione e l’efficienza dei consumi, l’ottimizzazione e l’integrazione dei sistemi, la ricerca di tecnologie di connessione più efficaci e performanti, con un fattore di forma non tradizionale e più efficace da un punto di vista degli spazi.
Il MacBook Air 13 di metà 2013 non è più neanche lontanamente un “nuovo tipo di macchina”, ma il prodotto maturo e perfettamente funzionante di un progetto iniziato cinque anni fa e oggi nel pieno delle sue capacità. Se dovessi rinunciare a tutti i computer che ho provato tranne che uno, è senza dubbio questa la macchina che vorrei tenere con me.
PRO
Autonomia incredibile
Prestazioni elevate
Tempi di avvio, risposta e ripresa migliorati
CONTRO
Risoluzione dello schermo limitata
Prezzo e disponibilità
Il nuovo MacBook Air 13 pollici di Apple introdotto a metà 2013 è disponibile presso i rivenditori Apple e anche su Apple Store online a partire da 1.129 euro per la versione con 128GB di unità SSD e processore Intel Core i5 dual core da 1,3 GHz (Turbo Boost fino a 2,6 GHz): si tratta della stessa configurazione provata da Macitynet. E’ disponibile anche il modello MacBook Air 13″ con unità SSD da 256GB a 1.329 euro. In fase di acquisto su Apple Store online è possibile scegliere configurazioni superiori opzionali a pagamento per il processore e la memoria RAM da 8GB. Ricordiamo che è stato rinnovato anche il MacBook Air 11″ con nuovi processori Intel Haswell e maggiore autonomia disponibile su Apple Store online a partire da 1.029 euro.
Le stesse configurazioni anche BTO sono disponibili presso i negozi Apple.