Via da quell’aggregatore. Ma non gratuitamente. A quanto pare, come emerge di blog e da una serie di riscontri trasversali, dietro alla mossa di Murdoch per togliere i giornali del suo gruppo da Google News, ci sarebbe un forte incentivo economico. Che proverrebbe da Microsoft.
In pratica, la casa di Redmond sarebbe disposta a pagare soldi (non è stato precisato quanto) per “aiutare” i gruppi editoriali grandi e piccoli a togliere i loro contenuti dalle pagine della concorrente. In questo modo, compenserebbero il danno che potrebbe derivarne al giornale online di tutto per la perdita di visibilità e di contatti da un lato, e toglierebbero acqua alla raccolta di naviganti e quindi di pubblicità per Google stesso.
L’idea originale, riportano alcuni giornali in rete sarebbe l’evoluzione di un accordo secondo il quale Microsoft, che ha una notevole liquidità di cassa, si assumerebbe il ruolo di “cavaliere bianco” per una industria dell’informazione tradizionale sempre più in crisi e fornirebbe le iniezioni di liquidità necessarie alla sopravvivenza. Negli Usa si susseguono i tagli e i licenziamenti, comprese le chiusure di testate anche storiche, a causa del crollo della pubblicità calata del 28% nel terzo trimestre dell’anno, secondo l’associazione di categoria, vale a dire il tredicesimo trimestre di fila di calo.
Google sino a questo momento è uno degli elementi chiave per la nascita di nuovi contatti online, la parte che sta più crescendo per quanto riguarda la stampa americana. Ci sono 74 milioni di navigatori unici che a settembre di quest’anno hanno visitato uno o più giornali online, per un totale di 3,5 miliardi di pagine viste. Solo giornali: senza contare i siti di informazione che non hanno un “piede” nelle news cartacee.
Il punto è che Murdoch sta cercando di valorizzare il suo gruppo News Corp anche a scapito dell’attuale situazione, e vuole monetizzare direttamente il traffico di pubblico, non lasciandolo in balia della pubblicità che poi viene sempre più spesso raccolta da Google, portatore di “clienti” tramite le sue ricerche e i suoi aggregatori. L’obiettivo del magnate della informazione è quello di rimettere “le cose a posto” dal suo punto di vista, e fare in modo che l’informazione torni ad essere a pagamento, oppure sovvenzionata dai nemici di Google. Tutto, insomma, piuttosto che lasciarla in balia di forze esterne al controllo dell’editore.
La battaglia di Murdoch non sarà certamente l’ultima del settore, ma rischia di essere una di quelle più rappresentative e storicamente importanti per chi in futuro volesse ricostruire in quale maniera il mondo dell’informazione che conoscevamo così bene sia cambiato tanto rapidamente e radicalmente sotto l’effetto della rete e delle nuove tecnologie.