Sicuramente è una sorpresa. Poteva andare in molti modi e la strada scelta da Apple è sicuramente una delle migliori tra quelle possibili. In pratica, la piattaforma iPhone continua a crescere. E quanto detto precedentemente in altri articoli, che erano stati anche fortemente contestati da quale anima semplice e ignara delle tecnologie, adesso vengono confermate. L’iPhone è un computer, una “apparecchio post Pc” come lo ha definito una volta Steve Jobs. E come tale continua ad evolvere, proprio come i computer evolvono quando si passa da una versione a quella successiva del sistema operativo.
Gli annunci di Steve Jobs, accompagnato sul palco da Phil Schiller e da un ampio numero di altre persone, ospiti o dirigenti Apple, che hanno approfondito vari particolari, sono tutti importanti e molto, molto interessanti. La prima, di più tecnico respiro, è l’evoluzione con l’SDK di xCode. In pratica, il sistema per programmare di Apple, gratuito e disponibile sul Dvd di installazione dei Mac, adesso si arricchisce di una nuova funzionalità che rende facile e intuitivo programmare per iPhone. Questo mette potenzialmente sullo stesso piano i grandi colossi del software con gli sviluppatori indipendenti. Non a caso Apple accompagna grazie a venture capitalist della Silicon Valley l’iPhone “terza piattaforma” per la casa della mela con un apposito sistema di finanziamento degli sviluppatori indipendenti che si chiama iFund. Ci saranno novità interessanti da questo lato, perché consentirà di far nascere ancor più rapidamente un ecosistema di sviluppatori e di software che potrà competere con quello che orbita intorno alle grandi piattaforme (Nokia, BlackBerry, Windows Mobile) già presenti sul mercato.
Perché questo desiderio di accelerare? Perché la versione 2.0 del sistema operativo di Apple per l’iPhone, che poggia i suoi fondamenti sopra lo stesso insieme di tecnologie di base di Mac Os X e oltre a questo implementa alcuni framework specifici e dedicati a questo tipo di apparecchi, è un sistema che a giugno si aprirà definitivamente alla rete degli sviluppatori. Porterà con sé in dote i milioni di apparecchi venduti sinora e che verranno venduti più avanti, e comincerà a competere sul serio in maniera frontale con i grandi del settore. Un nome a caso: Nokia. Un altro? BlackBerry. Che adesso comincia sul serio ad avere dei problemi.
La piattaforma per la posta elettronica della canadese Rim (Research In Motion) sta cominciando infatti a mostrare quali sono i suoi limiti: da dieci anni cresce ma solo da uno o due prospera in maniera più ricca. Vive in un ambito fortunato: una nicchia che è cresciuta a dismisura e che rappresenta quello che in definitiva è l’applicativo-chiave anche per Internet, cioè la posta elettronica. Ma è datato, basato su una tecnologia di connessione proprietaria e il codice del client, cioè del terminale telefonico, è basata su Java, che si muove in maniera lenta e con una interfaccia super piena di pulsanti.
Tutta un’altra storia ad esempio per i dispositivi della sua concorrenza, vale a dire Nokia e gli altri produttori che licenziano la tecnologia per l’email più diffusa (Microsoft) e per i dispositivi Windows mobile. In particolare, il cuore del problema non è solo e non tanto connettere la posta elettronica, ma integrare il terminale mobile all’interno del più ampio e complesso sistema di messaggistica aziendale, quello che viene definito “GroupWare”, il software per il gruppo dei partecipanti al lavoro. Cioè calendari, rubriche e dati che devono poter passare in maniera “seamlsess”, senza interruzioni, attraverso tutti i dispositivi. Qui c’è la grande novità che Apple adesso vuole giocare per far fare la differenza all’iPhone.
Nella classica segmentazione tra quelli che spendono di più per avere prodotti all’avanguardia, c’è ovviamente il lato più modaiolo. Ma c’è anche quello manageriale. La possibilità di far leva sul desiderio dei manager e dei dirigenti. Il quale chiede sempre più di poter essere lui a scegliere l’apparecchio (perché dopotutto è lui che deve portarselo a giro per mesi se non anni) ma a condizione che permetta di integrarsi perfettamente con i requisiti stabiliti dall’azienda.
Proprio a questo pensa Steve Jobs e lo realizza attraverso la parte più appariscente e “succosa” della nuova fase di strategia con iPhone. Licenziate le tecnologie ActiveSync di Microsoft, si passa infatti a mostrare quali sono le potenzialità per iPhone. Che dalla sua ha l’interfaccia e la flessibilità sconosciute agli apparecchi della concorrenza, e adesso mostra che basta un pezzettino di software per renderlo “serioso” e adatto al mondo degli affari. Viene spesso sottovalutato, ma così è l’informatica: è il codice a fare la differenza, soprattutto quando l’hardware consente di effettuare i cambiamenti senza “costringere” in maniera innaturale.
Sono molte le novità e gli esempi fatti sul palco della conferenza dell’SDK da Jobs e dalle altre persone presenti. Avete gli articoli del nostro sito per mostrarvi in dettaglio tutti gli aspetti anche tecnici del cambiamento. Il senso generale di questo cambiamento però si può rapidamente riassumere nella considerazione che con un semplice aggiornamento software il posizionamento di iPhone non è semplicemente cambiato, ma si è arricchito. Rispettando una tempistica che ha visto prima l’arrivo dell’apparecchio sul mercato, il “boato” del suo successo commerciale iniziale, e adesso la sua entrata in grande stile nel mercato business. Dove, peraltro, i volumi non sono assolutamente irrilevanti.
Il 41% di mercato di BlackBerry (rispetto al 28% di iPhone, come ha ricordato Steve Jobs durante la presentazione di ieri) comincia ad avere le ore contate. Adesso, vedremo quale sarà il prossimo passaggio per quanto riguarda l’evoluzione e lo sviluppo della parte hardware (cioè l’arrivo della versione Umts dell’apparecchio). Per il resto, se c’era chi si preoccupava del destino dell’iPhone, adesso gli consigliamo di dormire sonni tranquilli.