L’attitudine è semplice: facciamo noi l’allenatore della nazionale. Tanto, siamo più bravi. E in effetti, per quanto riguarda Apple, è forse l’unico caso al di fuori di quello sportivo in cui questa attitudine emerge in maniera più visibile. Ci sono migliaia, milioni di potenziali Ceo dell’azienda di Apple che spiegano perché dovrebbe fare questo o quell’altro per salvarsi oppure più semplicemente per prosperare ancora di più.
Per fortuna non ce n’è bisogno in questo momento, grazie alla strategia della Apple 2.0 nata alla fine del 1997 con il rientro di Steve Jobs alla guida dell’azienda dopo 12 anni di “esilio”. Però, prima e dopo quel momento particolare, le voci che consigliano ci sono state. Per esempio, quelle che invocavano l’apertura del sistema operativo a computer prodotti da altri. Erano i “cloni”, sfortunata avventura chiusa proprio da Jobs nel 1997, eppure ancora oggi invocata: “apriamo MacOs X a tutti i Pc con Intel”. Se si obietta che è già stato fatto in passato e che si è trattato di una mossa quasi suicida, la risposta è: “fu fatto troppo tardi”. Come mai adesso, venti anni dopo, possa invece essere il momento buono è un mistero sul quale gli sponsor di questa strategia preferiscono non esprimersi.
Oppure, il discorso acquisizioni. Apple ha una liquidità di cassa enorme, che molte grandi aziende le invidiano. Svariati miliardi di dollari. Che l’azienda tiene lì, per il rodimento di tanti CFO in erba che invece avrebbero piani di utilizzo più creativi di quelli pensati dai consiglieri di finanza di Cupertino. Ad esempio, comprare una bella e grande azienda. Ad esempio una di quelle Web 2.0. Magari Facebook, Myspace o YouTube. Ops, sono già state tutte comprate. E comunque, Apple compra davvero molte piccole aziende. Talmente piccole che quasi non si notano nel bilancio. Ma che hanno un impatto tecnologico vero: l’iPod, l’iPhone e le tecnologie multitouch. per dirne due o tre.
Oppure, altra idea. Vendiamo Apple. Andiamo a far cassa. Ad esempio con Ibm. L’azienda è enorme e continua con il suo passo “lento” a conquistare il mercato business. Apple va da Dio in quello consumer. All’una manca lo stile e il “tocco” di Steve Jobs; all’altra mancano le tecnologie business e la capillarità nella distribuzione in quel mercato, senza contare la credibilità con le grandi imprese. Peccato che nel 2005 Ibm si sia definitivamente tolta di mezzo il business del Pc (vendendo a Lenovo). Un motivo ci sarà , mica vendono per poi ricomprarlo da capo pagandolo il doppio compreso iTunes e iPod.
à singolare, ma non si parla più in questo periodo di acquistare/farsi acquistare da Adobe o Sun Microsystems. Lo lasciamo qui, come suggerimento gratuito per chi volesse approfondire l’idea e costruirci un piano “razionale” attorno.
Perché sono come queste le idee che circolano. Alle volte accompagnate da fosche profezie sull’imminente fallimento di Apple – questo succedeva più di frequente in passato – oppure sul motivo per il quale la squadra che vince dovrebbe cambiare radicalmente direzione e membri. Singolare e divertente mondo, che non finisce di stupire.