Non che ci fossero molti dubbi, ma ieri sera è arrivata la conferma: la questione dei dazi sull’elettronica proveniente dalla Cina non è affatto risolta. E non solo perché è stata congelata per 90 giorni, ma perché sembra che l’amministrazione Trump sia intenzionata a elaborare un piano ad hoc che andrà a introdurre nuovi dazi basati su parametri diversi e, in definitiva, a costituire un ricarico sul prezzo di prodotti come smartphone, computer e accessori contenenti chip.
Il primo a fare cenno al fatto che i dazi sui prodotti dalla Cina c’erano e ci saranno è stato il segretario al Commercio Howard Lutnick. Il politico che pronosticava milioni di americani impegnati a stringere le vitine in una catena di montaggio di iPhone ha dichiarato alla stampa:
“Tutti quei prodotti finiranno sotto la categoria dei semiconduttori, con una tariffa speciale per riportare la produzione negli USA”.
Poi è intervenuto lo stesso Donald Trump che, sul suo social Truth, ha affermato:
“Nessuno è stato graziato. I prodotti esclusi sono solo passati in un altro contenitore tariffario.”
E ancora: “Stiamo guardando da vicino i semiconduttori e l’intera catena di fornitura dell’elettronica.”
In sostanza, come accennato, l’introduzione di nuovi dazi sui chip potrebbe comunque far lievitare i costi di produzione per le aziende statunitensi, mettendo sotto pressione i profitti o spingendole a scaricare l’aumento sui prezzi finali pagati dai consumatori americani.
Insomma, Apple ha solo visto rinviare il problema.
E tutto il suo mercato resta appeso a decisioni che, al momento, non si capisce dove finiranno. Il che, se non è peggio dei dazi del 125%, lo è per l’incertezza che genera — anche sui mercati, oltre che nella filiera produttiva.
Gli analisti e gli economisti fuori dalla cerchia del governo continuano a criticare e a non comprendere cosa stia succedendo.
La preoccupazione, in particolare, è proprio per lo scenario nebuloso che circonda le decisioni dell’amministrazione.
Tra gli altri, Dan Ives (Wedbush) parla apertamente di
“una confusione totale, sconcertante per il settore e per gli investitori, che sta creando un’enorme incertezza e caos per le aziende che cercano di pianificare la propria catena di approvvigionamento, l’inventario e la domanda.”
Vista l’ossessione di Trump per i prodotti che arrivano dalla Cina, Apple ha un’estrema urgenza — come dice l’analista Ming-Chi Kuo su X — di trovare un modo per spostare la produzione fuori dal grande paese asiatico, con tutto ciò che questo comporta in termini di investimenti e tempistiche.
Senza considerare che quella Cina da cui Apple potrebbe doversi sganciare è anche il suo secondo mercato mondiale, e non è detto che il governo cinese resti imperturbabile ancora a lungo.
Il governo di Pechino, che ha il totale controllo su società e mercato, ha già bannato gli iPhone dagli uffici pubblici e potrebbe facilmente fare di peggio se si trovasse costretto a importare i telefoni da un altro paese, a causa della fuga di Cupertino. Ad esempio ostacolare o non concenrire la ripresa della produzione degli assemblaggi dei modello per il mercato cinese.
Just after noting that semiconductor tariffs may impact iPhones, U.S. Commerce Secretary Lutnick said that electronics, including iPhones, will be subject to semiconductor tariffs in a month or two.
Commerce Secretary Lutnick says tariff exemptions for electronics are only… https://t.co/3BJWWUmIz5
— 郭明錤 (Ming-Chi Kuo) (@mingchikuo) April 13, 2025