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Nello scontro tra carta e digitale a scuola l’unica vittima sono i bambini

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Facciamo un piccolo mea culpa. Sotto Natale ci sta, dopotutto. Parliamo dell’apprendimento e dell’uso del digitale. Ne abbiamo scritto in passato, riportando in modo piuttosto netto quel che gli studiosi hanno spiegato alla stampa internazionale: il digitale fa male all’apprendimento, meglio la buona vecchia carta. Tuttavia, ammettiamolo: le grandi semplificazioni sono sempre pericolose. Il dibattito sul metodo migliore per studiare e imparare, leggere e comprendere, che vede contrapposti carta e digitale, è ormai entrato in una nuova fase che sembra destinata a mettere la parola fine alla questione. Lo studio, fatto della Columbia University per misurare l’attività cerebrale di 59 bambini, è stato presentato come la prova definitiva della superiorità della carta. Ma è davvero così semplice?

Il velo della semplificazione

La ricerca, che è ancora in corso di peer-review, la revisione dei pari per seguire un metodo scientifico di consenso e non basato sull’autorità per supportare le conclusioni, si basa su un campione ridotto di studenti e utilizza una metodologia indiretta per misurare la comprensione. I risultati mostrano differenze minime tra lettura su carta e su schermo, con margini di errore che rendono i dati poco significativi. La narrazione della “superiorità” della carta deriva più dall’entusiasmo di noi dei media che dall’effettiva solidità delle prove scientifiche, tanto che lo stesso autore dell’articolo giornalistico ha anche dovuto ammettere di aver partecipato alla raccolta fondi per lo studio stesso.

Quello che emerge dagli studi più ampi e consolidati è un quadro molto più sfumato. Coerente con la vita e il mondo, che sono più complessi e sfumati rispetto alle grandi semplificazioni con le quali ce li rappresentiamo.

Negli studi l’età degli studenti, il tipo di testo, il contesto di apprendimento e le preferenze individuali giocano tutti un ruolo fondamentale nel determinare l’efficacia di un metodo rispetto all’altro. La carta può essere più efficace per certi tipi di lettura profonda e in determinate fasce d’età, mentre il digitale offre vantaggi in termini di interattività e personalizzazione dell’apprendimento. Non esiste una soluzione universale che vada bene per tutti. Non c’è una cosa che è “meglio” dell’altra, anche se ad esempio chi vende carta tende a privilegiare un punto di vista e chi vende computer l’altro.

Gli insegnanti avvertono, l'uso eccessivo della tecnologia può generare lacune nell'apprendimento - macitynet.it
Foto di Epson

Cosa fanno con i loro figli i big del tech

L’esempio dei leader della tecnologia è emblematico di questo approccio più equilibrato. Bill Gates, Steve Jobs e Mark Cuban quando avevano dei figli piccoli non hanno bandito la tecnologia dalla vita della loro prole, ma hanno cercato di stabilire regole e limiti sensati. Hanno creato spazi di discussione non mediati dalla tecnologia, come le cene in famiglia, ma hanno anche riconosciuto l’importanza di far crescere i propri figli con competenze digitali. Il loro approccio suggerisce che la vera sfida non è scegliere tra carta e digitale, ma imparare a usare entrambi in modo appropriato.

La vera domanda da porsi è come integrare al meglio questi strumenti nel processo di apprendimento. Gli insegnanti hanno bisogno di formazione specifica non solo sugli strumenti digitali, ma anche su come utilizzarli in modo pedagogicamente efficace. I genitori devono imparare a guidare i propri figli nell’uso della tecnologia invece di demonizzarla o idealizzarla. Le scuole devono sviluppare strategie che valorizzino sia le competenze tradizionali che quelle digitali.

Le buone pratiche

L’esempio della Svezia, che sta investendo in libri di testo cartacei dopo anni di spinta al digitale, non dovrebbe essere interpretato come un ritorno al passato. Si tratta piuttosto del riconoscimento che serve un approccio più equilibrato, che tenga conto delle diverse esigenze di apprendimento. La decisione di stanziare fondi per i libri cartacei non esclude l’uso della tecnologia, ma cerca di creare un ambiente di apprendimento più ricco e variegato.

L’idea, supportata da molti scienziati e soprattutto pedagogisti, è che il futuro dell’apprendimento sarà inevitabilmente ibrido. La sfida non è decidere quale supporto sia migliore in assoluto, ma capire come utilizzare al meglio ogni strumento in base al contesto, all’obiettivo e alle caratteristiche individuali dello studente. Serviranno insegnanti preparati, genitori consapevoli e una società pronta a superare le false dicotomie. Il mondo è complesso e le soluzioni semplicistiche raramente funzionano.

La vera innovazione nell’educazione, insomma, non sta tanto nella scelta tra carta e digitale, ma nella capacità di integrare diversi approcci in modo intelligente. Gli studi fatti dalle neuroscienze ci stanno aiutando a capire come il nostro cervello elabora le informazioni in modi diversi a seconda del supporto utilizzato. Questa conoscenza dovrebbe guidarci verso un approccio più sfumato e personalizzato all’apprendimento, superando le contrapposizioni ideologiche. Il futuro dell’educazione non è né analogico né digitale: è intelligentemente ibrido.

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