Mantenere freschi tessuti e cibo anche se la temperatura esterna è elevata e raffrescare gli edifici senza climatizzazione elettrica e senza disperdere calore nell’ambiente circostante. È quanto promettono le proprietà ottiche di un metamateriale isolato dall’aria al quale sta lavorando ENEA, capace di mantenere una temperatura fino a 12°C al di sotto di quella circostante.
La ricerca che ha portato a questi risultati è stata pubblicata su Energies ed è considerata la prima in Europa sul raffreddamento passivo diurno attraverso un approccio fotonico.
“Il lavoro che stiamo svolgendo parte dalla domanda se sia concretamente possibile trasferire nell’Universo il calore di un oggetto senza disperderlo nell’ambiente circostante. La risposta positiva dalla quale siamo partiti proviene da un metamateriale che abbiamo ottenuto per sputtering (spruzzamento, ndr) e che, snellito nella sua formulazione e adattato a substrati adesivi, potrebbe rivestire grandi superfici”, spiega Anna Castaldo, che ha firmato il primo lavoro insieme ai colleghi ENEA del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili Emilia Gambale, Manuela Ferrara, Michela Lanchi, Giuseppe Vitiello e Michele Zinzi.
A differenza della maggior parte dei metodi di raffreddamento attualmente utilizzati, come ad esempio i condizionatori che richiedono energia elettrica e risorse per smaltire il calore (metodi attivi), il raffreddamento radiativo è un metodo passivo simile a quello naturale che la Terra stessa adopera per raffreddarsi di notte.
“Il raffrescamento passivo radiativo, ossia lo smaltimento del calore da un oggetto caldo al freddissimo universo attraverso una regione infrarossa in cui l’atmosfera terrestre è trasparente (L’atmosfera terrestre normalmente trattiene il calore della Terra grazie ai gas che la costituiscono e che solo attraverso una “finestra” si può smaltire, ndr), è uno dei grandi temi del 21° secolo affrontato circa 50 anni fa da ricercatori come Silvestrini e Nicolais, laddove la maggior parte delle necessità quotidiane, dalla produzione di energia allo scambio di dati, generano calore in eccesso”, prosegue Castaldo.
I dispositivi in grado di smaltire il loro calore nell’universo hanno superfici spettralmente selettive e sono in grado di raggiungere temperature più basse di quelle dell’aria circostante o degli altri oggetti presenti. Questo può verificarsi anche durante il giorno sotto irraggiamento solare diretto quando è possibile osservare una diminuzione della loro temperatura, teoricamente anche di 80 gradi °C.
“Sull’argomento ho organizzato una sessione specializzata sul Passive Radiative Cooling, durante la 12° edizione dell’European Optical Society Annual Meeting 2024, che si è svolta a Napoli ed ha visto la partecipazione di eminenti studiosi contemporanei del settore, come il Prof. Aaswath Raman e del Prof. Luigi Nicolais autore, tra gli altri, dello studio pioneristico di ormai 50 anni fa, al quale si devono i primi tentativi per creare un frigorifero solare”, conclude Castaldo.