Oltre alle accuse di monopolio sulle ricerche online, secondo il Dipartimento di Giustizia (DOJ) statunitense, Google ha “manipolato” le aste riguardanti le pubblicità digitali, e lo avrebbe fatto con modalità tali da danneggiare la concorrenza.
È quanto dichiarato nell’arringa conclusiva nell’ambito del procedimento che vede il DOJ schierato contro Google, accusata di monopolizzare illecitamente il mercato della pubblicità̀ online, in violazione dello Sherman Act (riferimento alla regolamentazione che portò allo smembramento della Standard Oil, potente holding nel settore petrolifero).
Nelle argomentazioni finali il Dipartimento di Giustizia sottolinea che Google avrebbe fatto in modo di tenere fuori le aziende concorrenti, obbligando gli editori a fare riferimento a Google per i ricavi pubblicitari.
Big G è sotto tiro per abuso di posizione dominante nella pubblicità, settore che controlla dopo l’acquisizione di DoubleClick nel 2007, e di altre due società, Invite Media e AdMeld.
Anche grazie a queste acquisizioni, Google detiene praticamente accesso totale agli inserzionisti che cercano di acquistare spazi pubblicitari e la possibilità̀ di metterli in contatto con gli editori, un ruolo di controllo globale (a monte, a valle e nel mezzo), incrociando offerta, domanda e punto di incontro con modalità senza precedenti.
Un dirigente di News Corp. (gruppo editoriale statunitense) ha dichiarato che l’azienda per la quale lavora è effettivamente ostaggio di Google, e che avrebbe rischiato di perdere 9 milioni di dollari nel 2017 abbandonando Big G come piattaforma di advertising.
Il rappresentante legale di Google ha cercato di respingere le accuse, evidenziando la mancanza di prove, ed esempi di aziende rivali che offrirebbero prodotti in competizione, ma è proprio questo il problema: è quasi impossibile rivolgersi a intermediari diversi.
I siti web guadagnano dalla pubblicità, affidandosi ai servizi di advertising che svolgono il ruolo di intermediari: questi permettono ai siti di proporre annunci sulle pagine e agli inserzionisti di acquistare spazi pubblicitari, con Google che incassa importanti quote di entrate da entrambe le parti.
Il Dipartimento di Giustizia punta a obbligare Google alla vendita della piattaforma Ad Manager; Big G ha tempo fino al prossimo anno per presentare appello.
Il Dipartimento di Giustizia ha intanto chiesto al tribunale di ordinare all’azienda di vendere il suo motore di ricerca e si potrebbe arriavare anche alla vendita di Chrome. La questione risale al primo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca, ma la sentenza è arrivata proprio negli ultimi mesi della Presidenza Biden. Resta da capire se con il cambio nell’amministrazione USA sarà un bene o no per Big G.
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