Chi l’aveva detto che la pellicola non sarebbe morta per causa del digitale? Anzi, che sarebbe sopravvissuta e quasi diventata popolare fuori scala, rispetto alle capacità tecniche digitali della nostra epoca. La storia della pellicola per le foto in formato 35mm (o 135, come andrebbe chiamato) è stata codificata più di cento anni fa da Leica, che all’epoca si chiamava Leitz, dal nome del fondatore.
Ed è nata subito dopo il cinema, perché è questa in realtà l’origine della pellicola del piccolo formato: l’uso alternativo rispetto al 35mm impiegato nelle cineprese e nei rulli del cinema, solo messo per l’altro verso.
In queste settimane le novità stanno venendo fuori. E che novità. Se l’inossidabile Leica non ha mai perso il colpo dell’analogico e anzi, rilancia con una nuova edizione filologicamente corretta della mitica Leica M6, adesso con una certa irruenza arrivano anche altri grandi campioni della fotografia che tutto sono tranne che Lomografia (che va benissimo, per carità, solo che non mira a fare foto di alta qualità) né riciclo di vecchi apparecchi riparati.
Il “mezzo fenomeno” Pentax 17
Cominciamo con il campo di Ricoh, la casa giapponese che controlla lo storico marchio Pentax. Due anni fa era stato lanciato un ambizioso piano che forse non molti credevano. Ma a due anni dall’inizio del Ricoh Film Camera Project, arriva il primo succoso frutto: la Pentax 17 analogica semiautomatica mezzo formato.
Mezzo formato vuol dire che, con un rullino da 36 pose la macchina ne scatta 72. Perché divide in due, per il lato lungo, i fotogrammi, e ne scatta con un passo diverso solo la metà. In pratica, le foto sono grandi la metà del 24×36, che diventa 24×17.
In pratica, se il piccolo formato è la base del “full frame” digitale, il mezzo formato è la base dell’APS-C, o meglio del Micro Quattro Terzi (che è effettivamente la metà del full frame ed ha proprio il rapporto di altezza-lunghezza di 4:3).
Un 4:3 tutto da gustare
L’idea era di creare una macchina come si facevano una volta. Perché la Pentax 17 non è una macchina “di plastica” usa e getta o riciclabile, ma una vera fotocamera. Per costruirla i manager di Ricoh hanno infatti richiamato in servizio ingegneri ormai in pensione e sono state ricreate componenti altrimenti introvabili.
La fotocamera è innovativa nel senso che ha una serie di semplificazioni per aiutare chi è meno esperto: ha un obiettivo a focale fissa 25mm F3.5 che equivale ad un 37mm con messa a fuoco da 0.25 metri ad infinito, sei zone selezionabili da preset posti sulla ghiera attorno all’obiettivo: dalla Macro fino al Paesaggio con anche un “modo cibo” per chi ama scattare fotografie stile Instagram di una volta a quel che sta mangiando.
L’otturatore non è un fenomeno ma fa il suo lavoro: scatta da 1/350sec (un po’ lento) a 4 secondi e offre una modalità Bulb per esposizioni più lunghe e supporta pellicole con gamma ISO da 50 a 3200 (senza bisogno dei rulli codificati). La fotocamera ha anche un esposimetro interno e non ha una modalità manuale “completa”. Questo vuol dire che per prendere il controllo della fotocamera si può bloccare l’apertura a f/3,5 e gestire i tempi di scatto con la modalità Bulb: non esitiamo a dire che sia una tecnica che non è adatta ai deboli di cuore e soprattutto funziona solo con i tempi decisamente lunghi.
Com’è fatta
Un design retro molto anni Ottanta-Novanta: compatto e leggero. Il corpo ha sia la calotta che fondello in lega di magnesio, cosa questa che rende la macchina gradevole al tatto e sufficientemente leggera. La leva di avanzamento manuale sul lato destro è la parte che permette di passare al fotogramma successivo da impressionare, ma quando si arriva a fine rullino c’è una leva di riavvolgimento della pellicola in modalità manuale dall’altro lato. In effetti, senza alcun automatismo (non c’è un motore come nelle ultime reflex dell’epoca della pellicola).
Dal punto di vista degli automatismi per la messa a fuoco, la ghiera dei modi ha sei modalità di scatto differenti, più una posizione per la staratura esposimetrica e una per l’ipostazione degli ISO in base al rullino utilizzato o al desiderio di “tirare” le immagini. C’è anche una ghiera per regolare la compensazione fino a più o meno due stop.
La Pentax 17 sarà disponibile a fine mese ad un prezzo di 549 euro ma in Giappone è già diventata un fenomeno e la prevendita ha segnato il tutto esaurito. Il prezzo non è economico: per quella cifra si trovano ottime macchine fotografiche a pellicola usate e ben funzionanti, molto più sofisticate. Tuttavia, questo è solo l’inizio.
Il ritorno della Rollei 35
Infatti, dietro l’angolo arriva l’altra macchina che farà sognare in molti. Data in prova in questi giorni ad alcuni youtuber e influencer internazionali, si tratta della “nuova” Rollei 35 AF. Un rifacimento estetico (ma in parte anche funzionalmente simile) della “compatta” in formato 35mm della Franke & Heidecke (poi Rollei-Werke e infine Rollei), l’azienda tedesca che è diventata a suo tempo famosa per la storica serie di fotocamere biottiche in medio formato e poi per una ottima reflex sempre medio formato.
La Rollei 35 originale, quando fu presentata nel 1966 alla fiera più importante al mondo, Photokina che si teneva in Germania, era la più piccola fotocamera a pellicola formato 135 esistente. La serie Rollei 35 rimane una delle più piccole fotocamere da 35 mm dopo la Minox 35 e la Minolta TC-1. In 30 anni sono state prodotte circa 2 milioni di fotocamere. Le caratteristiche sono molto diverse a seconda dei vari modelli ma la forma è rimasta sempre la medesima e sostanzialmente anche l’ottica 40mm f/3.5 retrattile prodotta da Zeiss.
Una strategia a prova di futuro
Oggi la nuova Rollei 35 AF è diversa: Mint Camera, azienda di Hong Kong specializzata in fotocamere istantanee e relativi accessori. Fondata nel 2009, fornisce prodotti e servizi di vario genere e il suo fondatore da tempo voleva provare a ricreare quella che è a tutti gli effetti una piccola bombetta a pellicola che dovrebbe uscire entro la fine dell’anno.
Ci sono delle forti differenze rispetto alla versione originale, che aveva ad esempio un mirino galileiano e non una messa a fuoco con telemetro o specchio come sulle reflex. La prima Rolle 35 era infatti tutta manuale, mentre il nuovo modello, come indica anche la sigla “AF”, è infatti dotata di autofocus.
Poi, cambia la focale dell’obiettivo, che diventa un 28mm f/3.5. E sul davanti le due rondelle vengono utilizzate per regolare i diaframmi e i tempi di esposizione. L’impostazione complessiva, incluso il modo di caricare la macchina (che era laborioso ma adesso ha un allarme di sicura nel caso sia chiusa male) e la posizione “invertita” della leva di avanzamento dei fotogrammi, è stata conservata in maniera quasi filologica.
E chi ha avuto modo di scattare in prova con questa macchina riconosce quello che è il passaggio chiave del suo ritorno sul mercato: avere una piccola macchina compatta e automatica, punta e clicca, per andare in vacanze e scattare con la pellicola.
In conclusione
La verità è che scattare con la pellicola è più scomodo e insicuro che scattare con il digitale, così come ascoltare i dischi in vinile è diverso dalla musica digitale. Tuttavia, su questo ritorno grava l’ipoteca di un crescente costo della pellicola (giunta a livello in alcuni casi scandalosi) e della difficoltà di trovare laboratori per lo sviluppo del colore e delle diapositive. Certo, lo sviluppo del bianco e nero è più facile e si può fare senza troppe angosce anche a casa, ma il risultato non cambia: la pellicola costa cara. Ma sta tornando.
La produzione di nuove macchine, come è avvenuto dalla pandemia in avanti, di fatto inverte una tendenza che andava avanti da un ventennio. E le offerte sono valide, senza contare il pressoché infinito parco dell’usato in alcuni casi di altissima qualità (senza l’elettronica le fotocamere invecchiano molto meglio). A questo punto si potrebbe anche sperare nel ritorno di quello che è stato il vero punto di svolta nelle fotocamere ultra compatte punta-e-clicca: la Ricoh GR1.
Nata nel 1996 e diventata subito lo strumento preferito dai professionisti e dagli amatori di alto livello, è stata la macchina di elezione di fotografi del livello di Daidō Moriyama. Famosa per il suo incisivo e tagliente obiettivo 28mm (ma c’è anche una ricercatissima versione 21mm), ha fatto una grande transizione al digitale e oggi Ricoh ne propone due versioni: la Ricoh GRIII (obiettivo da 28mm) e GRIII+ (obiettivo da 40mm). Forse, come parte del suo ambizioso “Ricoh Film Camera Project”, il prossimo passo potrebbe essere il ritorno della “micidiale zia” della fotografia da passeggio, la Ricoh GR1? Speriamo. Con una certezza, se mai dovesse succedere, la fotocamera non costerebbe poco. Proprio per niente.