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A New York social fanno più danni del fumo e delle armi

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Da noi sono una risorsa. Anzi, una opportunità. Praticamente obbligatori. Ci facciamo commercio, ci basiamo le campagne politiche, ci costruiamo il sociale. E sbagliamo, oh se sbagliamo. Abbiamo messo i piedi, le mani e pure la testa dentro i cappi delle piattaforme. Celebriamo gli eroi e le eroine dei panettoni, li veneriamo con folle plaudenti e riempiamo poi le città di ebeti che fissano lo schermo del telefonino e fanno correre il pollice per fare swap-swap-swap.

Oltretutto lo facciamo con ignoranza del futuro, perché le mosse prima di Apple e adesso di Google, che nel secondo semestre di quest’anno bloccherà i cookie di terze parti, hanno completamente stravolto la fragile economia basata sulle “piattaforme degli altri” e sostanzialmente porteranno a una carneficina, aumentando il valore delle suddette piattaforme; Google in testa, ma anche TikTok, Meta e X non scherzano.

Invece, dall’altro lato dell’oceano, c’è chi comincia ad avere dubbi sostanziali. Ai quali dovremmo prestare l’orecchio e la nostra attenzione.

La dipendenza

È appena stato reso pubblico il documento consultivo del Commissario per la Salute del comune della città di New York, che identifica l’accesso e l’uso incontrollato delle piattaforme come un pericolo per la salute pubblica. L’uso incontrollato delle piattaforme vuol dire che le persone possono accedere e fare quel che pensano sia quel che pare loro. Ma non è così. Perché c’è una pressione, orchestrata proprio dalle piattaforme, affinché queste divengano centrali per la vita e l’economia. Proprio come si faceva una volta ad esempio con le sigarette, che non a caso sono poi state fortemente regolate e represse.

Secondo il sindaco di New York, Eric Adams, “Aziende come TikTok, YouTube e Facebook stanno alimentando una crisi della salute mentale progettando le loro piattaforme con caratteristiche che creano dipendenza e pericolo“. È un fenomeno epidemico, perché ad esempio totalmente pervasivo del tempo e della vita delle persone. I giovani, in particolare.

Secondo gli studi raccolti dal comune di New York, infatti, fino al 95% degli adolescenti statunitensi utilizza una qualche forma di social media. I dati italiani non sono tanto diversi. Negli Usa le piattaforme vengono usate per connettersi con gli amici, discutere di interessi e tenersi aggiornati sulle tendenze. Ma anche per il consumo (pubblicità dei marchi, acquisti), per la politica (in vista delle elezioni, la promozione dei candidati), e anche per l’incitamento all’odio e agli scontri online e non (tifoserie, gang). E forme di bullismo e altro.

Dentro i social, che vengono sempre meno moderati e sempre più potenzialmente peggiorati dal diluvio di contenuti generati dalle intelligenze artificiali che stanno arrivando in questi giorni, succede un po’ di tutto. Come dimostra l’ultimo caso delle polemiche violentissime per i deepfake della cantante americana Taylor Swift. Da un lato immagini intollerabili che girano a migliaia e migliaia su X (ex Twitter), dall’altro i fan della cantante che hanno dichiarato guerra e stanno scatenando l’inferno sugli account di chi condivide i deepfake.

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Foto freestocks – Unsplash

La tossicità dei social

Crescono così le preoccupazioni per l’uso di queste piattaforme e per le abitudini che possono creare dipendenza. Una fascia in particolare è quella più esposta: i giovani. Il sindaco Adams sostiene che “i giovani vanno protetti”. New York per la prima volta ha cercato di andare a fondo sul problema e nel rapporto del Commissario per la Salute emergono punti chiarissimi.

La salute mentale dei giovani newyorkesi “è in declino da oltre un decennio”. I dati del 2021 mostrano che nei giorni feriali il 77% degli studenti delle scuole superiori di New York trascorre tre o più ore al giorno davanti agli schermi, senza contare i compiti. Le forme di depressione e vera e propria disperazione sono in costante aumento, con picchi di più del 42%. Mentre il tasso di ideazione suicida è aumentato di oltre il 34%. “I giovani che si identificano in categorie specifiche come neri, latini, donne o Lgbtq+ hanno tassi sproporzionatamente alti di crisi della salute mentale”.

Secondo Adams, TikTok, YouTube e Facebook stanno “alimentando una crisi di salute mentale progettando le loro piattaforme con funzioni che creano dipendenza e pericolo”. Certo, i dati non sono esclusivamente negativi: i social media hanno effetti sia positivi che negativi sui giovani. Secondo Pew Research, il 59% degli adolescenti ha dichiarato che i social media li aiutano a sentirsi più accettati. Ma in realtà non ci sono abbastanza “ricerche e dati chiari” per stabilire se i social media siano “sicuri” per gli adolescenti.

Tuttavia, ha detto il sindaco, il commissario alla Sanità di New York Ashwin Vasan “sta emanando un parere che designa ufficialmente i social media come un pericolo per la salute pubblica nella città di New York. Proprio come è successo con il tabacco e le armi, stiamo trattando i social media come un rischio per la salute pubblica”.

In conclusione

A prescindere da tutto, New York sta facendo qualcosa che vorremmo facessero anche le città e le amministrazioni italiane. Si sta rendendo conto che le piattaforme non sono tutte rose e fiori. Che non sono etiche. Che non sono “sane”. Che non sono il centro del mondo. E che sono egoiste, rapide nell’attrarre il pubblico, spietate nello sfruttarle a prescindere da qualsiasi considerazione. E che sono straniere.

Quest’ultimo passaggio viene spesso trascurato, ma portare l’educazione dei figli, l’economia delle piccole e medie imprese, la gestione della politica locale, tutta su strumenti pensati per incentivare l’odio e il confronto fine a se stesso e per di più totalmente irresponsabili perché appartenenti a Paesi altri rispetto al nostro, è semplicemente suicida. Non siamo certo gli unici al mondo ad essere in balìa delle piattaforme, visto che America e Cina hanno sostanzialmente il monopolio di questo tipo di attività. E non diciamo neanche che da domani dovremmo tutti spegnere Facebook (anche se non sarebbe una cattiva idea), tuttavia almeno avere presente il problema anziché andare avanti come gonzi e beoti, sarebbe opportuno.

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