Gli hard disk (HDD) di classe enterprise sono progettati per operare a una temperatura compresa tra 5°C e 60°C, ma è essenziale evitare di farli funzionare costantemente al valore massimo perché si riduce la durata e si rischia un aumento dei guasti: lo spiega un nuovo report di Toshiba.
Per un funzionamento ideale bisognerebbe garantire una media non superiore a 40°C e questo dipende principalmente dalla progettazione termica e dal sistema di raffreddamento della stanza in cui il sistema è alloggiato.
Secondo Toshiba, è essenziale monitorare costantemente la temperatura degli hard disk per evitare il surriscaldamento e garantire la massima durata possibile. Infatti, come la maggior parte dei componenti di server e sistemi di archiviazione, gli hard disk si riscaldano durante il funzionamento, soprattutto in condizioni di carico elevato.
Per consentire di controllare la temperatura delle unità, i moderni HDD sono dotati di un sensore di temperatura interno che fornisce le letture tramite SMART (Self-Monitoring Analysis and Reporting Technology), in modo da poterle leggere utilizzando le risorse del sistema operativo integrato, gli strumenti di system management o quelli per la gestione dei controller RAID e degli adattatori host bus.
La temperatura ottimale degli hard disk secondo Toshiba
I produttori di hard disk di solito specificano un intervallo di temperatura in cui le unità funzionano correttamente. Nel caso degli HDD di classe enterprise, si presuppone l’utilizzo in sale server o in datacenter dotati di aria condizionata, motivo per cui sono progettati per temperature operative comprese tra 5°C e 60°C.
Le specifiche per gli HDD NAS vanno da 5°C a 65°C e per gli HDD di sorveglianza da 0°C a 70°C visto che non sono sempre installati in ambienti con condizioni stabili.
Queste specifiche si riferiscono in realtà solo alla capacità operativa, ma la durata è sicuramente influenzata negativamente quando i drive vengono utilizzati a temperature superiori per un periodo prolungato. Un breve aumento della temperatura, ad esempio quando una ventola del sistema si guasta può essere tollerato, ma un funzionamento permanente a 45°C può ridurre la vita degli hard disk di alcuni mesi.
Dopotutto, le specifiche MTTF (Mean Time To Failure, tempo medio tra guasti) riportate nelle schede tecniche fanno sempre riferimento a una temperatura operativa media di 40°C: questo significa che i tempi di funzionamento oltre 40°C possono essere compensati in seguito da tempi di funzionamento a una temperatura corrispondentemente più bassa.
Tuttavia è molto improbabile che gli HDD operino prima mesi o anni ad alte temperature e poi per lo stesso periodo a temperature inferiori.
Se la temperatura aumenta l’affidabilità diminuisce
Gli HDD di classe enterprise hanno un MTTF di due milioni e mezzo di ore: in altre parole, con due milioni e mezzo di unità si prevede un guasto all’ora, o in un caso di 1.000 unità, un guasto ogni 2.500 ore.
Se la temperatura media di funzionamento degli hard disk supera i 40°C, i guasti aumentano. Come regola generale, per ogni 5 gradi in più rispetto ai 40°C, il tasso di guasto può aumentare del 30%.
Ma la temperatura non è l’unico fattore
Oltre alla temperatura, altri fattori influiscono sulla durata degli hard disk, tra cui il carico di lavoro annuale (Rated Workload), il periodo di garanzia e, nel caso di drive non progettati per un uso 24/7, il tempo di funzionamento.
Ciò non significa che vi sia un rischio immediato di guasto se non vengono rispettati i valori specificati o se l’HDD continua a essere utilizzato dopo la scadenza del periodo di garanzia, ma che l’Annual Failure Rate aumenta in modo tale che nel tempo si verifichi un numero di guasti degli HDD superiore a quello previsto in un anno.
Progettazione termica e raffreddamento corretti
Nei sistemi ben progettati dal punto di vista termico e collocati in ambienti climatizzati, di norma non dovrebbero esserci problemi a mantenere la temperatura degli hard disk a 40°C o meno. Senza aria condizionata può risultare difficile, perché nei mesi estivi la temperatura può spesso superare i 30°C.
Questo significa che all’interno di server e sistemi di archiviazione si raggiungono rapidamente temperature superiori ai 40°C. Inoltre, l’aria calda di scarico dei sistemi è difficile da eliminare senza un’adeguata ventilazione, il che comporta un inevitabile aumento della temperatura della stanza e, di conseguenza, un ulteriore riscaldamento dei sistemi.
È quindi sempre meglio far funzionare server e sistemi di archiviazione in un ambiente climatizzato, soprattutto se si utilizzano top loader con diverse decine di hard disk. Per motivi di progettazione, gli HDD posteriori diventano più caldi di quelli anteriori, perché il flusso d’aria assorbe prima il calore dei drive anteriori e quindi non è più in grado di raffreddare in modo altrettanto efficace quelli posteriori.
In questo caso, sono necessarie temperature di aspirazione dell’aria inferiori a 20°C per mantenere gli HDD nelle file posteriori al di sotto dei 40°C in modo permanente. Se la temperatura dell’hard disk supera costantemente di oltre 15°C quella della presa d’aria o dell’ambiente, c’è qualche errore nella progettazione termica del sistema.
In questo caso, gli amministratori devono verificare se le ventole funzionano correttamente o se il flusso d’aria raggiunge i drive senza ostacoli. Inoltre, la stanza nel suo complesso deve essere progettata in modo che l’aria fredda e quella calda non si mescolino, perché ciò riduce l’efficienza del raffreddamento.
Qui di seguito le conclusioni e i consigli di Rainer W. Kaese, Senior Manager Business Development Storage Products di Toshiba Electronics Europe
“Se i dischi rigidi si surriscaldano, non operano più correttamente perché i componenti elettronici e meccanici funzionano adeguatamente solo entro un certo intervallo di temperatura
È quindi importante monitorare in modo costante le temperature di esercizio. Anche se le unità sono progettate per raggiungere i 60°C, è essenziale evitare questo valore massimo.
L’ideale è un funzionamento a una media non superiore a 40°C. La garanzia che questa temperatura non venga superata dipende principalmente dalla progettazione termica del sistema e dal concetto di raffreddamento della stanza in cui è alloggiato”
Anche se la morte degli hard disk è stata prevista ormai da anni, Toshiba continua a credere in questa tecnologia di archiviazione dati. Ricordiamo che a IFA edizione 2019 il dirigente Toshiba ha raccontato a macitynet la storia del disco fisso più piccolo al mondo intrecciata a quella di iPod e Steve Jobs. Tutti gli articoli che parlano di Toshiba sono disponibili da questa pagina.