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L’iMac compie un quarto di secolo, evviva l’iMac

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L’iMac compie 25 anni, un quarto di secolo. Per molte persone è stato il primo computer, per due generazioni è stato forse l’unico computer. Prima e meglio della rivoluzione dei computer portatili (MacBook Air sopra tutti) e poi degli apparecchi post-PC, cioè tablet e smartphone, l’iMac è stato il computer più “normale” per molti. Ma normale non è, perché il compatto, all-in-one è stato ed è in realtà un computer fondamentale.

Le origini dell’iMac

Apple ha avuto la capacità di creare più di una rivoluzione nel mondo dei personal computer. Certo, non li ha inventati, ma il primo computer di Apple, che oggi chiamiamo “Apple I”, è quanto di più vicino all’idea di personal computer sia stata fatta nella prima metà degli anni Settanta.

venti anni di imac

Poi, la distanza è stata colmata con l’Apple II, il secondo computer completamente disegnato da Steve Wozniak. Anche questo geniale nell’arricchire e approfondire l’idea di computer personale che esisteva al tempo: monitor o televisore esterno separato, computer con tastiera integrata.

L'iMac compie un quarto di secolo, evviva l'iMac

L’evoluzione della forma e del design del personal computer (“come funziona, non come è fatto”, diceva Steve Jobs) secondo Apple è passata, attraverso Apple III e Lisa, sino ad arrivare al Macintosh. Il personal computer presentato nel gennaio 1984, al di là dell’interfaccia grafica e del mouse, era un computer compatto, all-in-one nel senso proprio del termine. Monitor e scheda madre erano integrate all’interno della stessa scocca. Quel computer, che all’inizio ha avuto meno successo dell’Apple II a lungo il best seller dell’azienda, è stato fondamentale nel medio periodo.

Apple ha costruito la sua prima, vera identità con il Macintosh e con quel design, anche se poi il “piccolo compatto” che diceva “non fidatevi mai di un computer che non potete sollevare e portare via” con l’apposita maniglia superiore, è stato abbondantemente abbandonato e superato da altri design della linea: monitor e full-tower, minitower o desktop.

venti anni di imac

La grande crisi

La Apple che nasce nel 1976 è una startup di fuoco, che cresce alla velocità della luce. La Apple che lancia il Macintosh nel 1984 acquista la sua identità definitiva ma perde il suo fondatore Steve Jobs nel 1985, scacciato dal suo stesso consiglio di amministrazione. La Apple che segue va sempre più in crisi, consumata dalla battaglia contro Microsoft e tutto il resto del settore.

Alla fine, nel 1997, torna alla guida Steve Jobs e, tra un colpo di accetta e l’altro per tagliare costi e prodotti inutili, progetta la rinascita. In pochi mesi ha già chiaro moltissimo in testa e ancora di più seguirà. Ma l’arma che gli serve non è quella definitiva. È un’arma intermedia, che gli permetta di ripartire, di ripensare alla strategia e fare abbastanza soldi da pagare tutti i debiti e riportare l’azienda in pari. È un’arma che deve essere figlia della continuità, capace di fare da ponte tra il prima e il dopo.

Steve Jobs nel 1997 ha già chiaro molte cose del dopo, sta già impostando prodotti (e continuerà a farlo con un anticipo di almeno dieci anni rispetto alla loro effettiva commercializzazione) che daranno una forma molto chiara allo sviluppo del mercato tecnologico. Ma nell’immediato ha bisogno di un successo rapido, facile e abbondante. Quel successo si chiama iMac.

venti anni di imac

I tempi sono cambiati

Quando viene presentato l’iMac è una piccola rivelazione. Apple sembra bollita, Steve Jobs ha solo tagliato, ha azzeccato una buona campagna pubblicitaria (Think Different) ma a parte il Macintosh non c’è nessuno dei prodotti per i quali oggi è adorato e venerato: l’iPod, gli Apple Store fisici, l’iPhone, l’App Store digitale, l’iPad e tutto il resto. All’epoca c’è solo una azienda che vendeva computer fantastici ma era sempre più in crisi.

La risposta sono i tagli degli sprechi e dei prodotti inutili o troppo in anticipo (il Newton), e soprattutto la ripartenza dai fondamentali. Il più fondamentale di tutto è il Macintosh. Inteso non come etichetta, che porta con sé anzi ricordi non piacevoli per i consumatori: costa troppo, non sempre funziona bene, è pieno di varianti che non si capisce quali scegliere a partire dai Performa e gli LC. Invece, occorre qualcosa che richiami proprio il design originale: il piccoletto con il monitor da 9 pollici in bianco e nero e con orientamento verticale e la maniglia posteriore. Un design iconico.

Andando alla sostanza della cosa, quel che Jobs cercava era un design eccezionale che facesse da piattaforma per il futuro richiamando l’idea del passato. E un uomo che la disegnasse. Quest’ultimo era Jonathan “Jony” Ive, all’epoca sconosciuto designer inglese che lavorava a Cupertino tra molte frustrazioni e un discreto anonimato. Quell’idea era la visione, il resto è stata una straordinaria esecuzione che ha fatto la storia.

lancio primo imac steve jobs

Venticinque anni di iMac

L’iMac, lanciato nel 1998 al Flint Center di Cupertino dove 14 anni prima era stato lanciato il Macintosh, non piace a tutti. È un oggetto quasi sferico, sembra una televisione economica, siamo nell’epoca del tubo catodico e quindi bisogna che si sviluppi in profondità. Però qui entra il genio di Ive. Mentre Jobs si assicura che siano innovazioni sia tecnologiche che strategiche (via il floppy disk, cd di serie, usb di serie, wifi di serie con il nome AirPort) Ive fa il capolavoro di design con plastiche di qualità e trasparenze colorate.

Non piace a tutti i critici ma in realtà piace molto al pubblico. Sia perché è bello e facile da usare, sia perché costa relativamente poco, soprattutto con gli sconti per la scuola negli Usa. È il successo, la macchina della ripartenza.

Il flusso di cassa dell’iMac è quello che permette di saldare i debiti e far partire i primi progetti: nuovi computer, nuovi processori, nuovi sistemi operativi, i primi negozi monomarca (gli Apple Store fisici), gli iPod a fine 2001. È il successo. Ma è solo l’inizio.

lancio dell'iMac bondie blu

Le tante stagioni dell’iMac

Anche se non sembra, l’iMac è da 25 anni con noi. Il concetto di design dei portatili è cambiato radicalmente con il tempo e così anche i loro nomi e classificazioni. Gli iPod sono finiti. I telefoni e i tablet erano di là da venire.

Invece, anno dopo anno, si sono succedute le collezioni di iMac. Prima le differenti “stagioni” colorate. Poi i primi redesign: dall’iMac CRT del 1998 all’iMac abat-jour del 2002, con base a calotta sferica e con monitor articolato LCD. È il modo di Jobs per dire che l’epoca dei CRT è finita. Il design va in esclusiva in copertina su Time e brucia la presentazione di poche ore (per i fascicoli pubblicati in Asia).

Segue nel 2004 l’iMac G5 che introduce un design destinato a restare a lungo perché più razionale e funzionale, anche con il cambio di materiali impiegati. La lampada da tavola con la cornice bianca attorno al monitor lascia il posto a un monolite bianco, con un “mento” sviluppato che contiene le parti principali del computer, e una staffa di alluminio fatta a L che regge il tutto. È un capolavoro di design, secondo chi scrive superiore a tutto il resto del lavoro di Jony Ive.

jony ive steve jobs imac luxo

Gli aggiornamenti saranno incrementali. Cambia solo il colore con il modello di iMac Intel White del 2006, che porta in casa i nuovi processori, e poi cambia il materiale e la dimensione del monitor con gli iMac con schermo da 20 e 24 pollici fatti in alluminio del 2007. I bordi si riducono attorno al monitor grazie al design monoblocco del 2009, con schermi da 27 e 21,5 pollici. È una rivoluzione che trasforma l’all-in-one di Apple in una specie di MacBook fuori scala, bellissimo ed essenziale nelle sue linee. Il concetto rimane sempre lo stesso.

Sembra che si sia già fatto tutto e nel 2012 Apple da una prova di forza e mostra che i computer da tavolo possono essere sottili come la carta o quasi: è l’iMac con “slim” che diventa sottile perché si riducono ancora le dimensioni in profondità smussando i bordi. Lo schermo è disponibile in versione da 27 e da 21,5 pollici.

Dopo aver lavorato sulla profondità e lo spessore, tocca alla definizione. Nel 2014 arrivano gli iMac da 27 pollici con schermo da 5K e poi nel 2015 gli iMac da 21,5 pollici con schermo da 4K. Qui la potenza dei processori e delle schede grafiche di AMD (le Radeon R9) fa la differenza. È il momento in cui entra in crisi indirettamente la serie dei Mac Pro, perché gli iMac dimostrano di essere più che sufficienti praticamente per tutti i compiti “muscolari” in ambito creatività.

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Arriviamo alla botta finale: nel 2017 Apple presenta un computer unico, che è tutt’ora un piccolo mostro: l’iMac Pro. Tutto nero, sconfigge senza problemi il Mac Pro del 2013, il “cestino della carta straccia” o urna delle ceneri. Ci vorrà tempo perché l’iMac Pro venga superato: due anni con il Mac Pro del 2019, quello basato su Intel Xeon che sembra una grattugia per il formaggio fuori scala costosa come un’automobile sportiva.

Infine, l’ultima rivoluzione di design: visto che ci sono i processori M1, i primi della nuova generazione Apple Silicon già maturata con iPhone e iPad, è tempo anche di un ridisegno degli iMac. Nel 2021 viene lanciato un solo modello con schermo da 24 pollici, processore M1 e linee molto squadrate. Lo spessore diventa ridicolmente sottile tanto che il minijack per l’audio viene spostato sul lato perché entrando da dietro lo spinotto sarebbe più lungo di quanto non sia profondo il computer. La risoluzione del moniotor è da 4,5K e ha solo due porte Usb3 ma in compenso ha una presa Ethernet sul blocco del trasformatore. Il tutto funziona meravigliosamente bene, tanto che viene proposto in vari colori per dare spazio alla rivoluzione dei colori sull’alluminio, cosa sino a quel momenti inedita sino a quel momento.

Il chip M3 sarà prodotto in serie nella seconda metà dell’anno

Il futuro è M3

Sappiamo, dalle fonti più attendibili della rete, che quel che ci aspetta è un nuovo iMac con processore M3 e lo stesso design della generazione attuale. Sappiamo anche che questo computer, molto spesso poco considerato rispetto ai computer portatili di Apple, è invece il vero centro di gravità dell’azienda. Certo, non è lui a fatturare come l’iPhone, ma è la macchina che incarna lo spirito del Macintosh e, a sua volta, quello ripreso dall’Apple II.

È il vero personal computer del nostro tempo, una giovane signora di 25 anni di età (che nel mondo dei computer sono una infinità) sempre bellissima e sempre importante per tutto il settore e per molti di noi.

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