Perché complicarsi la vita distribuendo moduli per l’autorizzazione alla raccolta dei dati o mettendosi alla ricerca di volontari o persone da pagare con quattro spicci che compilino migliaia e migliaia di pagine quando quel che serve per addestrare gli algoritmi di intelligenza artificiale si può ottenere gratis e schiacciando semplicemente un pulsante?
Dev’esser questo che si sono domandati i dirigenti di Google quando qualche giorno fa hanno deciso di cambiare le politiche sulla privacy mettendo in chiaro che da questo momento in poi la società avrebbe utilizzato i dati disponibili pubblicamente per addestrare i suoi modelli di AI.
Cosa cambia
Con questo nuovo aggiornamento alle policy Google ci sta praticamente dicendo che tutto quel che pubblichiamo online potrebbe essere usato per addestrare Bard. Per altro avendo sostituito “modelli linguistici” con “modelli AI” la società adesso si è data l’autorizzazione all’impiego di questi dati per la realizzazione di qualsiasi altro prodotto di intelligenza artificiale generativa, compresi «Google Translate e funzionalità Cloud AI».
Nel calderone finiscono anche i siti web, che d’ora in poi verranno considerato da Google alla stregua di una piazza pubblica dell’era digitale. E di questo c’è consapevolezza visto che Reddit ha già iniziato a far pagare l’accesso alle sue API, mentre Twitter ha imposto un limite al numero di tweet visualizzabili giornalmente da un utente «per limitare il saccheggio dei dati e le manipolazioni di sistema».
Il futuro passa da qui
C’è già chi ha sollevato le proprie preoccupazioni riguardo l’uso dei dati pubblicati online da parte delle aziende che hanno a che fare con le tecnologie di AI; più di recente è stata intentata una causa legale nei confronti di OpenAI con l’accusa di aver prelevato «enormi quantità di dati personali da Internet» comprese «informazioni private» per addestrare il suo ChatGPT senza consenso, ed è probabile che in futuro assisteremo a molte cause legali di questo tipo, ma Google non sembra preoccuparsene.