L’Africa, il luogo dove ha avuto inizio tutto, almeno per quanto riguarda gli esseri umani. Africa, il continente più povero di tutto il pianeta. Africa, depredato e discriminato, oggetto della tratta degli schiavi per secoli, al centro di instabilità spesso fomentate dalle mire colonialiste dei paesi europei e poi da quelle post-colonialiste delle grandi multinazionali e della Cina. Africa, un continente gigantesco discriminato anche dalla proiezione di Mercatore che la appiattisce e la fa sembrare quasi più piccola dell’Europa. Africa, il posto che ha ispirato alcune delle più belle pagine della letteratura mondiale.
In questa raccolta di libri tutti da leggere sull’Africa ovviamente non abbiamo mai avuto la presunzione di voler esaurire o anche solo coprire l’intero continente. Non basterebbe una vita e non basterebbe una grande biblioteca pubblica. Tuttavia, molto si può leggere e molto si può trovare di interessante anche con una prima ricognizione. Per sognare, magari in vacanza sotto all’ombrellone, di poter andare là, un giorno.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.
Racconti africani
Un testo fondamentale del premio Nobel Doris Lessing. Lo sfondo a questi undici racconti è il grandioso e lussureggiante paesaggio della Rhodesia, l’attuale Zimbabwe, dove Doris Lessing trascorse l’infanzia e l’adolescenza quando questa regione faceva parte dell’impero britannico. Le vicende si svolgono in anni in cui la questione razziale, non ancora esplosiva, incomincia ad affacciarsi alla coscienza dei figli e dei nipoti dei primi coloni inglesi: emblematico è il racconto intitolato Il vecchio Capo Mshlanga, in cui una ragazza inglese nata e cresciuta sotto “l’antico sole africano” si rende conto, a poco a poco, dell’infondatezza dei pregiudizi dei bianchi e scopre l’insopportabile solitudine alla quale ella stessa è condannata dalla barriera razziale. Vi sono racconti in cui è centrale il dramma dei neri, defraudati dalle terre e costretti ad assistere impotenti alla disgregazione del loro mondo tribale e ve ne sono altri in cui è messa a fuoco l’insicurezza serpeggiante tra i bianchi, soffocati dalla meschinità di un ambiente sociale ghettizzante e conformista. In questa raccolta, che evoca i sintomi di una crisi di coscienza di portata storica, Doris Lessing ha saputo delineare un dramma che, infine, assume un valore universale: “L’Africa ti insegna che l’uomo è una piccola creatura, in mezzo a tante creature, in un grande panorama.”
Accoppiamenti
Straordinario libro di Norman Rush, racconta le avventure sentimentali di una giovane e brillante antropologa americana la quale, accantonati gli studi che l’hanno portata in Africa, riversa tutte le proprie energie nelle relazioni umane (in particolare quelle erotiche) con i bianchi espatriati che vivono a Gaborone, capitale del Botswana. Il suo errare amoroso si interrompe soltanto dopo il fatale incontro con Nelson Denoon, carismatico intellettuale, ideatore e fondatore del villaggio utopico di Tsau, una comunità gestita da donne africane vittime di violenza. Affascinata dall’uomo, la nostra eroina lo segue fin nel deserto del Kalahari, a Tsau, dove attrazione sessuale, politica locale e sperimentazione sociale si fondono in modo inconsueto e vertiginoso. Attraverso l’utilizzo di un lessico ricercato e ammaliante, Rush dà vita a una profonda, divertente e spiazzante riflessione sulla natura dell’amore, dell’erotismo e del desiderio, nel cui ordito si inseriscono stravaganti divagazioni su femminismo, politica e ideologia.
Verdi colline d’Africa
Un vero classico del passato. Racconta un safari che Hemingway fece in compagnia della moglie Pauline. Oltre a ritrarre con “precisione” e “verità” il mondo della caccia, Hemingway non rinuncia a conversazioni sull’arte dello scrivere e a riferimenti alla tradizione letteraria americana. Ne risulta un romanzo appassionante che, pur registrando fedelmente la realtà, ha il fascino di una creazione di fantasia. Un libro – per il Times Literary Supplement – “che è espressione di una profonda gioia per la vita in Africa. II gioco della caccia è una parte intensa di quella gioia, ma c’è di più: il colore e l’odore del paese, la compagnia degli amici e la sensazione che il tempo non conti più”.
Il giardiniere tenace
Uno straordinario libro di John Le Carré. Kenya. Tessa Quayle, la moglie di un diplomatico inglese appassionato di giardinaggio, viene trovata barbaramente uccisa sulle rive del lago Turkana. Davanti al cadavere della moglie, il marito Justin si rende conto di non averla mai conosciuta davvero: poco o nulla sapeva della sua militanza contro la violenza delle multinazionali in Africa, di un dossier scomparso improvvisamente, della sua amicizia con un medico di colore. Ma qualcosa può ancora fare: può portare a termine quel lavoro di denuncia con l’efficacia e la freddezza che solo un diplomatico, o una spia professionista, può avere. Per non doversi più vergognare, per alimentare una piccola, fragile speranza.
Cuore di tenebra
Un grandissimo libro di Joseph Conrad. Marlowe racconta di aver avuto l’incarico di sostituire un capitano fluviale ucciso dagli indigeni nell’Africa centrale. Si imbarca su una nave francese e, giunto alla stazione della compagnia, vede come gli indigeni muoiano di stenti e di sfruttamento. Dopo un lungo viaggio di duecento miglia sul fiume rintraccia Kurtz, un leggendario agente capace di procurare più avorio di ogni altro. In realtà Kurtz, uomo solo e ormai folle, è quasi morente. Viene convinto a partire, ma muore sul battello che lo trasporta, dopo aver pronunciato un discorso che non può nascondere “la tenebra del suo cuore”.
Un’arida stagione bianca
Un’opera di indiscusso valore letterario, diventata un classico della narrativa d’impegno civile, quello di André Brink è il primo libro di denuncia dell’apartheid da parte di un bianco. Ben Du Toit, bianco, insegna in un sobborgo di Johannesburg ai tempi dell’apartheid. È un uomo tranquillo, convinto dell’onestà e della rettitudine di coloro che governano il Sudafrica. Ma un giorno, un suo amico nero viene arrestato dalla polizia e si “suicida” in carcere. Du Toit vorrebbe disperatamente credere a questa versione ufficiale, sperare che si tratti di un disgraziato incidente, di un errore, ma le indagini che a un certo punto decide di avviare lo conducono presto in un vischioso pantano di menzogne, corruzione, omicidi impuniti. La sua ricerca assume quindi un senso emblematico, diventando una ricerca della verità come valore imprescindibile per ogni uomo civile: un obiettivo che lo spinge alla ribellione, e che gli costa tutto: lavoro, famiglia, amicizie. Per un ribelle, infatti, non c’è ritorno. Solo l’intima consapevolezza di impegnarsi per una giusta causa in una società ingiusta, dove si è smarrito ogni sentimento di pietà e di tolleranza e dove gli esseri umani sono ancora divisi dall’assurda barriera del colore della pelle.
La mia Africa
Immancabile il romanzo più famoso di Karen Blixen. Vissuta fino al 1931 in una fattoria dentro una piantagione di caffè sugli altipiani del Ngong, Karen Blixen ha descritto con una limpidezza senza pari il suo rapporto d’amore con l’Africa. Sovranamente digiuna di politica, ci ha dato il ritratto forse più bello del continente, della sua natura, dei suoi colori, dei suoi abitanti. I Kikuyu che nulla più può stupire, i fieri e appassionati Somali del deserto, i Masai che guardano, dalla loro riserva di prigionieri in cui sono condannati a estinguersi, l’avanzata di una civiltà “che nel profondo del loro cuore odiano più di qualsiasi cosa al mondo”. Uomini, alberi, animali si compongono nelle pagine della Blixen in arabeschi non evasivi, in una fitta trama di descrizioni e sensazioni che, oltre il loro valore documentario, rimandano alla saggezza favolosa di questa grande scrittrice, influenzando in modo determinante i contenuti della sua arte: “I bianchi cercano in tutti i modi di proteggersi dall’ignoto e dagli assalti del fato; l’indigeno, invece, considera il destino un amico, perché è nelle sue mani da sempre; per lui, in un certo senso, è la sua casa, l’oscurità familiare della capanna, il solco profondo delle sue radici”.
Re dei Re
Forse ha banalizzato l’Africa, forse l’ha amata più di chiunque altro ne abbia mai scritto. Fatto sta che quel grandissimo storyteller che è stato Wilbur Smith ha scritto decine di storie di evasione e intrattenimento ottimamente documentate, grandi best-seller ambientati in Africa. Questo è affascinante. Il Cairo, 1887. Quando un’ex amante gelosa distrugge la felicità di Penrod Ballantyne e della sua fidanzata Amber Benbrook, il loro sogno di costruire una famiglia svanisce. Decisa a trovare una nuova ragione per cui vivere, Amber parte per il Tigrai con la gemella Saffron e il marito di lei, Ryder Courtney, che ha individuato nelle montagne della zona una ricca vena d’argento. Ci arrivano dopo un viaggio costellato di incidenti e pericoli nel corso del quale rischiano di perdere tutto, ma proprio quando sembra che gli affari inizino a decollare la situazione politica della regione, tra le lotte per la successione al trono d’Etiopia e la politica coloniale dell’Italia, precipita e Ryder si ritrova costretto a negoziare un accordo con Menelik II, il potente re dei re. Intanto Penrod, che ha cercato invano di dimenticare Amber annullandosi nelle fumerie d’oppio della città ed è stato salvato da un vecchio amico, coglie al volo l’opportunità di riscattarsi e torna a lavorare per l’esercito inglese in qualità di agente segreto: l’Italia, sembra, ha delle mire sull’Abissinia, e si mormora che stia progettando un’invasione… Così, mentre le ombre della guerra si addensano minacciose all’orizzonte, Amber e Penrod si ritrovano schierati su fronti opposti. E forse nemmeno il destino potrà riunirli.
Africa
Bellissimo saggio di Wole Soyinka. “La storia ha sbagliato. Le dichiarazioni secondo cui l’Africa è stata esplorata sono avventate come le notizie della sua morte imminente. Un’indagine davvero illuminante sull’Africa deve ancora avere luogo, e non finge di accadere neanche nelle pagine di questo libro, che si limita a raccogliere qualche seme fecondo abbandonato sull’aia dell’esistenza africana nel suo complesso. Spero che da questi semi nasca una nuova stirpe di esploratori per la corsa alla necessaria Età della Comprensione Universale, ispirata dall’Africa.”
Ebano
È stato un grandissimo giornalista e un essere umano straordinario. Ryszard Kapuscinski si cala nel continente africano e se ne lascia sommergere, rifuggendo tappe obbligate, stereotipi e luoghi comuni. Va ad abitare nelle case dei sobborghi più poveri, brulicanti di scarafaggi e schiacciate dal caldo, si ammala di malaria cerebrale; rischia la morte per mano di un guerriero. Kapuscinski non perde mai lo sguardo lucido e penetrante del reporter e non rinuncia all’affabulazione del grande narratore.
L’invenzione dell’Africa
Un’opera fondamentale di Valentin Y. Mudimbe. Qual è il significato dell’Africa e dell’essere africani? Cos’è la filosofia africana e cosa invece non è? La filosofia è parte dell'”africanismo”? Queste sono alcune delle domande fondamentali poste da Valentin Y. Mudimbe, che dimostra che sono i diversi discorsi a fondare gli universi di pensiero all’interno dei quali le persone concepiscono la propria identità. Gli antropologi e i missionari occidentali hanno dato origine a distorsioni che operano non soltanto sullo sguardo esterno, ma anche su quello degli africani che tentano di comprendere se stessi. Mudimbe si spinge oltre le questioni classiche dell’antropologia o della storia africane. Il libro, scrive, tenta “un’archeologia della gnosi africana intesa come sistema di conoscenza nell’ambito del quale sono sorte, di recente, questioni filosofiche di fondamentale importanza: in primo luogo, la questione relativa alla forma, al contenuto e allo stile del sapere ‘africanizzante’; in secondo luogo quella relativa allo status dei sistemi tradizionali di pensiero”. Il suo interesse si concentra soprattutto sui processi di trasformazione dei diversi tipi di sapere.
Storia dell’Africa nera. Un continente tra la preistoria e il futuro
Hegel diceva che l’Africa era “un continente senza storia”. Lo storico burkinabé Joseph Ki-Zerbo è stato tra i primi, nel 1972, a cimentarsi nel superare in modo scientifico questo pregiudizio. Lo ha fatto con questo libro, leggibilissimo e godibilissimo anche se si tratta di un saggio storico. Dall’introduzione: “Per molti secoli il continente africano è stato raccontato dalla voce parziale dell’uomo bianco. Sin dai tempi delle prime esplorazioni, le leggende di popoli selvaggi privi di anima sono state predominanti nella narrazione portata avanti da navigatori, missionari e avventurieri. L’opera dello storico burkinabé Joseph Ki-Zerbo è stata una delle prime a mostrare il vero volto del Continente Nero e a contrapporsi agli stereotipi promossi dalla storiografia dell’epoca. Le civiltà dei primordi, gli antichi imperi e le culture millenarie rivivono in una cronaca puntuale che non solo smentisce la grande menzogna perpetrata dai popoli colonizzatori, ma inquadra l’Africa sotto la prospettiva di prima “culla della civiltà””. Per dirla con le parole dello stesso Ki-Zerbo: “L’Europa della colonizzazione ha il dovere di restituire all’Africa quello che ha rubato: soprattutto la sua cultura, le sue tradizioni, la sua storia, oltre che le sue risorse”.
I tuoi figli ovunque dispersi
Non sarebbe una lista dei migliori libri di Macity se non avessimo una sorpresa finale. Anzi, tre. Tutte di autori africani, ovviamente. A partire da questo bellissimo romanzo di Beata Umubyeyi Mairesse. Nel 1994 la guerra civile etnica tra hutu e tutsi in Ruanda tocca il suo punto culminante. Due popoli che parlano la stessa lingua e hanno gli stessi usi si scannano senza pietà nell’indifferenza, se non con la connivenza, dell’Occidente. Si calcola che in poco più di tre mesi il genocidio dei tutsi ad opera degli hutu abbia portato alla morte di un milione di persone. Blanche è figlia di uomo francese e di una donna tutsi. Miracolosamente scampata al genocidio, vive in Francia. Il padre è scomparso. Nel 1997, quando torna in Ruanda per la prima volta dopo i massacri, si trova davanti uno spettacolo desolante, un paese devastato, ferite ancora aperte che stentano a rimarginarsi. La casa è stata saccheggiata. La madre è sopravvissuta in modo rocambolesco, ma è sconvolta, quasi non parla. Il fratello, figlio di un altro padre di etnia hutu, ha combattuto nella guerra di liberazione, è passato attraverso gli orrori e il sangue, ha disturbi psichici. Blanche intraprende allora un lungo lavoro di riparazione della famiglia lacerata, un minuzioso rammendo degli affetti, delle cose che sono state taciute e della memoria che lei affronta divisa tra Butare, la città ruandese dov’è nata e cresciuta e dove vive il poco che rimane della sua famiglia, e Bordeaux, dove nel frattempo si è sposata, ha avuto un figlio e lavora come infermiera.
Sotto gli alberi di Udala
Meraviglioso romanzo, durissima e sconvolgente storia dell’amore contrastato fra due donne nigeriane. Scritto Chinelo Okparanta. Figlia unica e rimasta orfana di padre durante la guerra civile nigeriana, negli anni Sessanta, la giovane Ijeoma viene affidata dalla madre a una coppia di amici di famiglia disposta a pagarle gli studi in cambio di una mano nei lavori domestici. Lontana dalla religiosissima madre, Ijeoma diventa adulta esplorando la propria identità sessuale e innamorandosi di una ragazza della sua età. In una Nigeria omofoba e bigotta, verrà separata dall’amata e indottrinata dalla madre, convinta che l’omosessualità sia di per sé sbagliata e un male da combattere. Anni dopo, nuovamente innamorata di una donna, Ijeoma verrà costretta a una nuova separazione e a mettere in piedi una parvenza di famiglia tradizionale sposando un amico d’infanzia e dando alla luce una bambina. Sarà proprio la nascita della figlia Chidinma ad aiutarla a riaffermare la propria identità sessuale e a decidere di battersi per un futuro migliore.
Il silenzio del coro
Scritto da Mohamed Mbougar Sarr è una storia tosta di migranti ambientata in Sicilia. Cosa c’entra con questa lista? Beh, l’Africa sono loro. Settantadue uomini arrivano in un paese della campagna siciliana. L’epoca li chiama “immigrati”, “rifugiati” o “migranti”. Ad Altino, quelli che l’associazione Santa Marta prende in carico si chiamano ragazzi. La loro presenza però sconvolge la quotidianità della cittadina. In attesa che venga deciso il loro destino i ragazzi si imbattono in ogni sorta di personaggi: un parroco atipico che riscrive le loro storie, una donna impegnata a offrire loro accoglienza, un uomo determinato a rifiutargliela, un poeta scorbutico che non scrive più. Ogni personaggio di quest’affresco, chiunque esso sia, è costretto a riflettere su cosa significhi l’incontro con persone di cui in fondo sa ben poco. I loro punti di vista sono altrettanti sguardi su una situazione meno conosciuta di quello che sembra, altrettante voci disarmoniche e mischiate, nel bene e nel male, fino alla fine, fino al silenzio imposto dalla voce ultima del coro.
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