Google si aspetta che utilizziamo l’AI generativa (da questo momento abbreviata in AIg) in modo responsabile e legale. In vista dell’arrivo di questa nuova tecnologia nei suoi servizi (tra cui Gmail e Google Docs) l’azienda ha ben pensato di pubblicare una policy “sull’uso proibito” in cui esordisce dicendo che i modelli di AIg «possono aiutare a esplorare nuovi argomenti, ispirare la creatività e imparare cose nuove», ma elenca anche una serie di impieghi vietati.
Ad esempio Google proibisce l’uso dell’IAg per «eseguire o facilitare attività pericolose, illegali o dannose», oppure per generare e distribuire contenuti destinati a «disinformare, travisare o fuorviare». Sono esclusi anche gli usi atti a produrre contenuti «sessualmente espliciti, inclusi quelli creati a scopo di pornografia o gratificazione sessuale», perciò chi intendeva integrare le sue tecnologie dovrà guardarsi bene dal creare chatbot sessuali.
Tutto questo è solo il primo punto, in cui si escludono invece tutti quegli impieghi che prevedono la creazione di contenuti «per scopi scientifici, educativi, documentaristici o artistici», ma è comunque abbastanza chiaro nel proibire «di ignorare o eludere i filtri di sicurezza, e di spingere intenzionalmente l’IAg ad agire in maniera tale che contravvenga alle politiche» di Google.
Dai divieti d’uso all’inganno
Il secondo punto è ancora più interessante in quanto Google vi specifica il divieto alla «falsa rappresentazione della provenienza dei contenuti generati» dall’IAg, ovvero gli utenti non possono usare quel che produce il sistema spacciandolo per un contenuto originale creato da un essere umano. Non si può usare neppure per generare contenuti «che impersonano un individuo, vivo o morto», senza specificarlo chiaramente, anche qui con lo stesso fine di ingannare il prossimo.
È vietato usare l’AIg anche per fuorviare le persone in tutte quelle aree ritenute “sensibili” come nel campo della salute, della finanza, del governo e delle leggi, né per prendere decisioni automatiche in ambiti che incidono «sui diritti materiali o individuali, o sul benessere», come nel mondo del lavoro, dell’assistenza sanitaria, delle assicurazioni e della previdenza sociale.
Google mette le mani avanti
Le nuove policy servono anche per proteggere Google dagli usi dell’IAg attualmente consentiti. Nei Termini di Servizio Aggiuntivi l’azienda infatti spiega che il servizio «utilizza una tecnologia sperimentale e talvolta può fornire contenuti imprecisi o offensivi che non rappresentano le opinioni di Google», pertanto invita gli utenti a usarlo con discrezione e di pensarci due volte prima di affidarsi a un contenuto generato dall’IAg.
Sconsiglia infine anche di farci affidamento per consulenze mediche, legali, finanziarie o di altra natura professionale: anche se l’IAg è in grado di produrre questo genere di contenuti, lo fa solo «a scopo informativo, e non sostituisce la consulenza di un professionista qualificato». Umano, aggiungiamo noi.