Un segno rosso in faccia. Il marchio dell’onore e del coraggio. Una rissa, forse? Uno scontro all’ultimo sangue nel quale il ragazzino è riuscito a fare a pezzi gli altri prendendo solo un colpo sul viso? “Mi hanno lasciato il segno, ma vedessi come stavano gli altri”, insomma. Oppure no?
Niente rissa, invece è l’ultima challenge che gira in rete e che è arrivata in maniera virale tramite i social anche in Italia. Si chiama “cicatrice francese” ed è semplice da fare: ci si stringe con forza la cute del volto tra le dita, fino a lasciare un livido, fingendo di aver avuto una colluttazione e di esserne uscito vincente.
L’allarme, lanciato dalla polizia postale, sottolinea l’aspetto pericoloso di questo come di altri comportamenti simili che arrivano senza mediazioni agli adolescenti grazie ai social media come TikTok e Instagram. Prima ancora di arrivare alle forze dell’ordine, che hanno rilasciato un “Alert” sull’argomento, la parola chiave “cicatrice francese” già circolava anche su qualche blog e sito di informazione nostrano. Ma l’allarme viene d’Oltralpe.
Attenzione al ruolo dei genitori
La polizia postale, nel suo “Alert”, si rivolge ai genitori e li invita “a parlare con i ragazzi della challenge della “cicatrice francese” e, in generale, delle sfide per cercare di capire quale interesse e importanza possano avere per loro”. L’idea stessa di challenge, di sfida, termine che magari molti genitori neanche capiscono bene per cosa possa significare nella mente di un adolescente che vive ormai avvitato all’interno dei social media, è perniciosa.
Ci sono adolescenti che si sono feriti per seguire una challenge alla moda, arrivando in alcuni casi anche a rischiare la propria vita o addirittura a perderla. Le challenge sono comportamenti rischiosi messi in scena attraverso i social con l’implicita (o alle volte esplicita) richiesta di provare a imitarli per dimostrare di essere capaci di fare altrettanto se non di più. Si rischia molto, da parte di chiunque, in qualunque momento. Il rischio vero però è quello di finire nella rete delle challenge.
Dietro la sfida, c’è molto altro
La “cicatrice francese” è solo l’ultima challenge di turno: in passato ci sono state la “Momo Challenge“, la “Black out challenge” e la “Blue Whale Challenge“. Però se si volesse guardare oltre a quello che apparentemente è il fulcro della storia, cioè la challenge in quanto tale, si scoprirebbe che c’è molto altro. Basterebbe infatti analizzare la vicenda più a fondo per scoprire che la “cicatrice francese” è solo la punta di un iceberg, molto più profondo e radicato nelle culture giovanili.
Sono culture che sono particolarmente difficili da individuare e seguire da parte dei genitori perché non passano attraverso i normali canali di socializzazione della scuola o dei circoli amicali di prossimità, come ad esempio oratorio, compagnia della piazza, scout, squadra di calcio o di basket o altri tipi di momento associativo. Invece, passano dai social dove molto rapidamente possono entrare “virus” provenienti da altri gruppi sociali. E la velocità di trasferimento di queste informazioni è pandemica perché, proprio come le pandemie “vere” che sono facilitate dagli aerei e dalla velocità dello spostamento delle persone nel mondo, anche le challenge viaggiano a velocità superiore a quelle di spostamento tradizionale delle persone e dei loro luoghi di aggregazione, cioè attraverso internet e soprattutto attraverso i social.
Perché succede
La challenge è affascinante agli occhi di un ragazzino o di una ragazzina perché mette in scena situazioni limite nelle quali finalmente l’adolescente può provarsi e riuscire a dimostrare il suo valore trovando al tempo stesso conferme o affermazioni della sua identità. Oggi, come ieri. Tanto che le sfide esistevano ancor prima dei social network. L’era digitale ne ha solo accelerato ed amplificato la diffusione: non ci si sfida solo con i ragazzi del proprio quartiere ma, potenzialmente, con chiunque, in qualunque parte del mondo.
Inoltre, c’è un meccanismo di rinforzo dato dalla diffusione non solo delle sfide ma anche delle risposte: i like e il pubblico potenziale tramite i social amplifica il narcisismo dei ragazzini e delle ragazzine, che rendono le challenge dei veri e propri riti di iniziazione: il gruppo virtuale ha la stessa importanza della compagnia di amici frequentati nel mondo reale che la Polizia Postale invita i genitori a «monitorate la navigazione e l’uso delle app social, anche stabilendo un tempo massimo da trascorrere connessi».
La soluzione? Essere molto, ma molto più presenti con i figli o comunque i minori, sia a casa che a scuola, cercando di accettare e accompagnare i percorsi degli adolescenti anziché ignorarli o combatterli senza discriminare le varie attività. C’è del buono e del meno buono e poi ci sono le challenge, che invece sono proprio cattive.
Senza dimenticare la vera, grande responsabilità dei genitori che spesso sono proprio loro a non usare le nuove tecnologie in modo consapevole: non è raro che siano i genitori infatti a soffrire di iperconnessione più dei loro figli. E questo è un grande problema.