Google ha iniziato a implementare la versione Beta di Privacy Sandbox per Android, iniziativa che era stata avviata lo scorso anno e che mira a offrire funzionalità per il tracciamento delle attività online a scopo pubblicitario, nel rispetto della privacy dell’utente, opzioni che l’azienda ha finora sempre evitato di offrire, giacché l’advertising online è ovviamente una delle sue principali fonti di rendita.
Google ha finora sfruttato un ID che permetteva di ottenere profili degli utenti, offrendo agli inserzionisti la possibilità di “targetizzare” cioè mirare la pubblicità personalizzate nelle app. L’ID in questione è stato eliminato nelle versioni recenti di Android e Google ha studiato soluzioni alternative.
La novità riguarderà inizialmente un numero limitato di dispositivi con Android 13. Alla base del sistema ci sono le API per sviluppatori Topics che offrono varie modalità per limitare la condivisione dei dati. Le indicazioni degli utenti sono confrontate con un database dell’Interactive Advertising Bureau e dati di Google. I publishers partner di Google possono interrogare le API e rispondere con una lista di annunci in base agli interessi e alle indicazioni dell’utente, senza bisogno di rastrellare dettagli in modo invadente.
Google afferma di memorizzare dettagli sugli interessi dell’utente “solo per tre settimane”, dopodiché elimina queste informazioni. I dati ricavati a partire da questi dettagli, sono elaborati direttamente sul dispositivo dell’utente, “senza ricorso a server esterni”, afferma ancora Big G.
Google sta anche lavorando alla Privacy Sandbox per Chrome, che alcuni sviluppatori hanno già avuto modo di testare in anteprima, ottenendo feedback da parte di centinaia di aziende che contribuiscono a modellare un approccio che promette maggiore rispetto della privacy eliminando i cookie di terze parti, questo dalla seconda metà del 2024, almeno così è riportato nella tabella di marcia attuale.
La Privacy Sandbox di Google è in altre parole la risposta all’App Tracking Transparency (ATT) di Apple, funzionalità che dal 2022 su iOS 14.5 e iPadOS 14.5 o versioni successive, obbliga le app a chiedere l’autorizzazione dell’utente prima di monitorare la nostra attività su app e siti web di altre aziende.
Il tracciamento si verifica quando informazioni che consentono di identificare noi o il nostro dispositivo, vengono raccolte da un’app e collegate a informazioni che identificano noi o il nostro dispositivo, dettagli raccolti da app, siti web o altre piattaforme di proprietà di terze parti per scopi legati all’invio di annunci personalizzati o alla misurazione della pubblicità, oppure quando le informazioni raccolte vengono condivise con quelli che in gergo si chiamano “data broker”.
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