Se mai un giorno dovesse essere scritto un piccolo manuale di comunicazione per i giovinetti, la mattina di oggi a Milano meriterebbe un capitoletto a parte. Perché si sa, quando si comincia a comunicare alla grande a 15 anni, poi si resta maghi della comunicazione un po’ tutta la vita.
È così che Sir Richard Branson, personaggio ancora più grande di quel che immaginate abbia fatto (e immaginiamo tutti molto) ha organizzato assieme al suo fidato sodale e da qualche anno anche socio di capitali Tom Mockridge un incontro milanese in un micro teatro nel cuore della capitale meneghina per presentare un prodotto che già c’è da mesi, per annunciare sconti che già ci sono da settimane e per spiegare una filosofia che è già chiara da ancora più tempo.
Il tutto in una maniera invidiabile di quelle che poi si ricordano, perché la comunicazione – come ci ha insegnato Steve Jobs salendo su un palco vestito come un attore esistenzialista francese di inizio Novecento – si basa su poche cose e una grande capacità di affascinare.
Prendete questo piccolo evento per la stampa. Parte con il consueto ritardo di quasi un’ora: tutti assiepati in un piccolissimo teatro con una quarantina di posti a sedere e tre giri di palchi. È il piccolo teatro Gerolamo in Piazza Beccaria a Milano, che ha riaperto nel 2017 dopo un lunghissimo restauro conservativo, giusto in tempo per chiudere causa covid e che di solito ospita spettacoli teatrali, marionette, mostre e concerti, in “uno spazio-bomboniera nel cuore della città”, come dice la pubblicità.
Si alza finalmente il sipario e nel controluce c’è un palco semplicissimo: una grande scritta con la frase chiave impallata dalla silhouette di un uomo nella posizione del loto su un pilastro. La frase, “Basta con ‘sto c—o di rame” è velata sulla parola chiave dal settantaduenne Richard Branson, che poi quando scende dal pilastro per fare la presentazione rivela essere “cavo”, cioè Basta con ‘sto cavo di rame”.
È la filosofia del marchio, lanciata fin dal principio: grazie alla joint venture con OpenFiber la nuova Virgin Fiber si presenta come operatore solo fibra fino a casa (Fiber to the home, FTTH), verde (“perché la fibra non richiede corrente elettrica”, dice Mockridge), giovane e sana (è collegata alle palestre, e con l’abbonamento vengono tre mesi di prova in uno dei 40 centri fitness del gruppo), veloce (1 GB/300 MB), economica (29,49 scontati a 26,99 con 20 euro di spese di attivazione, prezzo bloccato per sempre, zero costi nascosti e zero costi di rescissione), flessibile (modem Wi-Fi 6 incluso).
Sapevamo già tutto, ma il media event tascabile creato soprattutto perché Sir Richard è sulla via del rientro nel Regno Unito da una vacanza in Kenya e l’Italia rimane di strada (e ci sta di celebrare l’evento con un incontro stampa) nonostante questo ha caratteristiche di alto livello. Solo l’intuizione del gioco con Sir Richard che copre una parola volgare (“c—o”) che in realtà è “cavo” farebbe campare per una vita una compagnia teatrale e darebbe la pace economica a un creativo pubblicitario o a un drammaturgo.
Il “tocco” di Sir Richard, e soprattutto del suo staff, non è assolutamente andato perso. Lui ha un terzo della proprietà di Virgin Fibra, un terzo il suo socio Tom e un terzo un pool di investitori italiani che verranno svelati più avanti. La fibra è già presente e sta campando sopra la rivoluzione del comparto, che vede il tramonto dei grandi operatori come Tim e l’apertura ai virtuali, come è accaduto nella telefonia mobile con i MVNO per intendersi, che si appoggiano sulla rete di Open Fiber e offrono una tariffa e una velocità ai clienti dopo aver comprato all’ingrosso la capacità dal gestore dell’infrastruttura.
Virgin Fibra, che parte con un capitale di 25 milioni di euro e uno staff di 40 persone circa (altre verranno assunte) non ha alcuna competenza nel business della posa della fibra e neanche nell’istallazione e manutenzione e gestione degli abbonati: per quello ci pensano le aziende che forniscono servizi esternalizzati, così come il colosso OpenFiber fa con i suoi e gli operatori diretti, come Fastweb, con i suoi. E alle volte si tratta degli stessi.
La proposizione di valore, l’idea da cui parte Virgin Fiber per posizionarsi, oltre all’allure del marchio britannico, sta tutta nella sua vocazione per la trasparenza. La stessa di Iliad e la stessa, diciamocelo onestamente, di chiunque volesse entrare nel mercato italiano bersagliato da decenni e decenni di cattive pratiche di monopolisti, incumbent e rivoluzionari che sono stati peggio dei monopolisti a cui sono subentrati, se possibile.
L’oligopolio dei poteri forti delle telecomunicazioni che adesso sta lasciando spazio allo spirito animale del capitalismo: Virgin ha un marchio credibile (in Italia c’è anche la radio e la compagnia di crociere) e un’idea di fare business come si faceva una volta: con offerte semplici e comprensibili. Ma perché Virgin Fibra viene in Italia? Cosa rappresenta questo paese? La risposta è molto semplice e sta nella spinta che da un decennio, nonostante gli ostacoli e la guerra di retroguardia dell’oligopolio, viene portata avanti: si sta modernizzando a velocità incredibile.
Gli italiani, noi italiani, ci lamentiamo, ma si tratta come dice Mockridge, di “una opportunità che avviene una volta al secolo”. Stiamo mettendo fibra ovunque a tassi più elevati di moltissimi altri paesi europei. Siamo più avanti nell’accelerazione e chi riesce a entrare adesso si troverà per lunghissimo tempo in una posizione di forte vantaggio. Un vantaggio che è destinato a restare.
L’approccio di Virgin Fibra come dicevamo è semplice: la gente da casa vuol guardare i film in streaming, serve la fibra, noi veniamo con quella. E questo fa di una debolezza (Virgin Fibra non ha accesso a nessuna rete in rame tradizionale perché OpenFiber ha solo la fibra) un punto di forza (noi siamo solo fibra perché il rame è il vecchio, il lento, la cosa da far fuori).
Capirete che una strategia fatta così, per quanto sia destinata ad avere successo oppure no, sembra fatta da un maestro delle geometrie imprenditoriali, da qualcuno che ha fortemente razionalizzato il modo con il quale si fa business. E riesce a trasformare tutto, un passetto alla volta, un pezzettino alla volta. A partire dall’esperienza di acquisto: Tramite il sito, che funziona sia su fisso che su mobile, i clienti potranno fare tutto completamente in digitale (come la scoperta di prodotti e offerte, la verifica della copertura, l’abbonamento e il check-out, la gestione dell’area personale e l’assistenza) e abbonarsi meno di cinque minuti (dice Mockridge) in appena 3 passaggi.
Come dice Sir Richard «Non vedo una ragione per cui qualcuno non dovrebbe passare alla fibra: è più efficiente, più veloce, più affidabile, più economica, e penso che molta gente vuole andare oltre i problemi di connettività che ha adesso. E se non lo fa è probabilmente solo perché è prigioniera di un contratto con penali pesanti. Quello che offriamo noi è qualcosa di facile e di onesto».
Quanti clienti mira a raggiungere Virgin Fibra? Semplicemente il maggior numero possibile. Sulle spalle del gigante OpenFiber ci potrebbe anche riuscire.