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La personalizzazione di iOS 16 e quella voglia di addomesticare la tecnologia

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Un po’ di tempo fa avevamo scritto un articolo sincero (come sempre) ma anche un po’ furbo, almeno nelle intenzioni. L’articolo parlava di Android e in particolare di un launcher, Niagara, made in Europe (lo fa un simpatico ragazzo tedesco) che permette di rivoluzionare l’interfaccia di quei telefoni. È molto pratico perché si usa con un dito solo (il pollice, tenendo il telefono con una mano) e consente di “domare” gli schermi più massicci dei moderni padelloni.

Era un articolo furbo nel senso che allora (27 agosto) sapevamo ovviamente già molto di iOS 16, allora già in beta pubblica: ci sarebbero stata la possibilità di personalizzare gli sfondi dello schermo di blocco e i wallpaper della springboard, oltre ai widget che adesso possono essere messi sia “esternamente” sullo schermo di blocco che internamente nelle varie schermate dove sono presenti le icone delle app.

Inoltre, sapevamo anche che sarebbe stato possibile gestire gli sfondi in maniera rapida, con una modalità analoga a quella usata su Apple Watch (che tuttavia permette di riordinarli e condividerli, a differenza di quelli di iPhone, almeno per adesso).

L’articolo era furbo perché immaginavamo che ci sarebbe stato un momento esplosivo in cui la diffusione del nuovo sistema operativo iOS 16 avrebbe stimolato la creatività di molti utenti. E così è stato: il successo degli sfondi è tale che si moltiplicano online le possibilità di scaricarli anche perché mai come adesso la popolarità di iPhone è stata elevata, soprattutto tra gli adolescenti negli Usa, che hanno accesso a prezzi e forme di finanziamento migliori delle nostre.

Tra l’altro, i giovani preferiscono il telefono e lo smartwatch di Apple e non tanto la realtà virtuale, cosa che dovrebbe far riflettere sulla strategia di Meta che molti cominciano a vedere come rischiosa per il futuro dell’azienda, ma questo è tema per un altro articolo.

Ebbene, il periodo Cambriano nell’evoluzione della piattaforma mobile di Apple è iniziato. La possibilità di “customizzare” cioè di personalizzare aspetti prima rigidi del telefono sta liberando energie che si erano incanalate prevalentemente nel settore delle cover. Ma una cover costa ed è per sempre (se non si rompe prima), mentre lo sfondo si può cambiare a piacimento.

Lo sfondo però è anche un tipo di esercizio cognitivo che spinge le persone a fare qualcosa di molto importante: le spinge ad appropriarsi di una tecnologia, ad addomesticarla. A usare il telefono non solo per le telefonate e per un paio di altre app, bensì a renderlo uno strumento proprio. Un po’ come l’automobile, che siamo abituati a rendere “nostra” mettendoci oggetti e cose che la rendono un pezzetto di casa, un territorio d’oltremare, cioè fuori delle mura domestiche, che però ha caratteristiche private analoghe a quelle della nostra casa.

Questa tendenza ad addomesticare le tecnologie non è solo una fisima dei sociologi e degli antropologhi che amano scrutare le attività delle persone prendendo appunti per pubblicare poi voluminosi tomi per lo più incomprensibili. In realtà, è una caratteristica che viene studiata attentamente anche dagli uomini e dalle donne del marketing perché consente di modulare e pilotare la crescita di un prodotto.

Nel caso di Apple, la personalizzazione di iOS è iniziata già dalla seconda versione del sistema operativo, quando fu reso possibile cambiare lo sfondo fino a quel momento solo nero degli iPhone e aggiungere una immagine. Questo si accompagnava alla possibilità di mettere qualsiasi immagine come “copertina” del telefono nella schermata di blocco, ma senza poter fare altro che scegliere il taglio, cioè l’inquadratura, allargandola e spostandola.

Android è stato da subito più permissivo per due motivi: il primo è che Google cercava di rendere la sua piattaforma più elastica e il secondo è che, andando in mano a tanti produttori di apparecchi, la possibilità di personalizzare il telefono con skin e launcher diversi era fondamentale.

Questa libertà è stata però tragica per una piattaforma che è già nata con vari vizi di forma (a partire dal non avere vincoli sulle specifiche degli apparecchi, cosa che rende indomabile l’hardware da parte del software) e che ha patito per un decennio l’arroganza di molti produttori di telefonini che imponevano un modello sciagurato mutuato dal mondo Windows, cioè skin pesantissime, launcher tremendi e decine di app perfettamente inutili. Quello che in gergo viene chiamato “bloat-ware”, software che ingorga e che oltretutto è spesso composto da app in prova che poi richiedono di essere pagate.

Questa è stata una causa della disgrazia di tanti telefoni altrimenti validi del mondo Android, e la ragione per cui sono nate sia delle rom più performanti (calibrate però solo su specifici apparecchi) che erano in grado di “resuscitare” telefoni uccisi dall’obsolescenza non programmata del proprio software. E poi sono arrivate le versioni con Android “vaniglia”, o fortemente semplificato, a partire da quello offerto ad esempio da marchi più giovani come OnePlus.

La forza di Apple è stata quella di gestire una via di mezzo: ambiente unico personalizzabile ma non troppo, cercando di mantenersi in equilibrio non solo tra riconoscibilità e customizzazione ma anche tra usabilità e gioco. L’iPhone è nato con una architettura che dà priorità all’uso della componente telefonica e questo è stato considerato, soprattutto nei primi anni di vita della piattaforma mobile quando i processori non erano in grado di gestire troppe cose contemporaneamente, uno degli imperativi categorici da seguire nello sviluppo del multitasking. Gli iPhone non si impallano se arriva una telefonata mentre si sta facendo altro perché il telefono ha una gestione della priorità della componente telefonica separata da quella di tutto il resto, e in caso di situazioni critiche semplicemente abbatte tutti i processi tranne quelli necessari alla gestione della telefonata e dell’interfaccia dell’apparecchio.

Tutto questo ragionamento per dire che, conoscendo Apple, veniva quasi facile prevedere che ci sarebbe stato movimento nel semplice fatto che l’interfaccia era stata modificata e adesso sarebbe diventato possibile personalizzare gli sfondi e le schermate di blocco. Certo, giornalisticamente non appare molto rilevante (è una soluzione estetica, dopotutto, anche se ha elementi funzionali interessanti con i widget) e per i critici della tecnologia di Apple parlarne è quasi un sacramento, perché non ci vedono nessuna novità.

Ma il piano di rilievo è un altro: le persone che usano iPhone la amano e la stanno usando tantissimo. Addomesticano ancora di più i propri apparecchi. Si scambiano le immagini create apposta. Rendono più “tua” una tecnologia come quella dei telefonini che è diventata essenziale per la vita. E se un telefono diventa ancora più personale e bello da guardare perché c’è qualcosa di nostro che siamo riusciti a metterci sopra, poi cambiarlo per passare ad Android diventa impossibile.

Capirete che questo, dal punto di vista del marketing, è un vero colpo di genio. Facile dirlo adesso, no? Ma per capirlo prima e costruire l’opportunità bisogna essere davvero bravi. Ad Apple evidentemente lo sono.


Se cercate sfondi personalizzati per iOS 16 e iPhone partite da questa pagina.

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