Le bolle economiche si creano come se fossero dei fenomeni naturali. È certamente l’agire sociale di alcuni soggetti economici a crearle, e poi l’avidità o l’ingenuità di molti le fa crescere sino alla loro improvvisa (ma tutto sommato prevedibile) esplosione.
Anche quelle del settore tech sono simili nelle logiche di funzionamento, a partire da quelle che ciclicamente travolgono il settore dei videogiochi, oppure da quelle che hanno piagato il web e la pubblicità online (sin dalla fine degli anni Novanta).
Tuttavia, adesso, in un momento in cui stiamo indubitabilmente vivendo una bolla tech in una delle sue fasi di massima espansione, vediamo delle differenze rispetto a quelle del passato. E la differenza principale ha un nome (anche se sconosciuto ai più) e cioè Masayoshi Son.
Figlio di due mondi
Masayoshi Son è figlio di due mondi: metà coreano e metà giapponese, ha fatto fortuna nel settore tech e ha rapidamente giocato un ruolo chiave partendo dal suo paese di origine. Nell’arcipelago giapponese, grazie a SoftBank, colosso delle telecomunicazioni nato con l’aiuto di Vodafone, ha investito per anni in una serie di aziende di tipo diverso ma tutte caratterizzate da una certa predisposizione al rischio e alla speculazione molto avanzata.
Negli ultimi anni, però, Masayoshi Son ha ingranato la quarta e con il suo fondo di investimenti Vision Fund dal valore di 100 miliardi di dollari per finanziare aziende che non avevano solo l’obiettivo di produrre un utile (come fanno tutti i private equity e venture capitalist del pianeta) ma anche di disegnare una immagine del mondo a sua immagine e somiglianza. Una immagine decisamente sgradevole, rispetto perlomeno agli standard tradizionali.
La bolla delle aziende senza profitti
Nata prima della pandemia e prima della guerra in Ucraina (che anzi stanno giocando un ruolo nell’accelerarne la crescita), la bolla tech è basata su una serie di sotto-bolle. Parliamo di quella delle criptovalute, di quella delle aziende che fanno finta di essere tech ma non lo sono, di aziende tech che non hanno alcun tipo di business plan e non possono produrre utili.
La lista delle aziende, cioè degli investimenti di Vision Fund, che hanno “gonfiato” il loro valore in maniera gigantesca è sostanzialmente senza fine. E bisogna fare un paio di passi per scoprire che dietro il 99% di queste aziende ci sono sempre i soldi di Vision Fund o in generale di SoftBank.
Come ti costruisco la bolla
Il ruolo di un investitore è quello di scegliere quali aziende finanziare sulla base di parametri razionali e su un po’ di “intuito”, che poi è quello che fa buona parte della differenza.
Invece, le scelte di Masayoshi Son sono state orientate fortemente alla speculazione non solo sua ma in generale delle aziende che finanziava. Un’idea di mondo in cui vengono allevati dei predatori a fine di lucro,
Quali sono queste aziende? Uber, DoorDash e WeWork, per cominciare. Ma anche Oyo (hotel in India), Jaterra (costruzioni) e varie altre. Il fondo Vision Fund è stato creato nel 2017 con una dotazione di 100 miliardi di dollari.
Durante la pandemia i ricavi del fondo, che ha dietro i capitali anche dei fondi sovrani dell’Arabia Saudita, sono aumentati in maniera esponenziale. Grazie anche ad aziende come la cinese DiDi (una alternativa a Uber) e la coreana Coupang, oppure Wag.
La filosofia
Perché il lavoro di investimenti di Son è considerato non tanto aggressivo quanto tossico? La strategia, sostengono gli esperti, non è di tipo esplorativo ma exploitativo. Cioè Son non cerca di costruire aziende che grazie alla tecnologia trovino nuovi modi di produrre ricchezza in giochi a somma non-zero (in cui all’arricchirsi di uno non si deve impoverire necessariamente un altro), bensì aziende che cercano di guadagnare il più possibile ai danni di tutto il resto del sistema, in maniera exploitativa.
Come altro definire il ruolo di Uber, che non è mai stata in grado di produrre utili né lo sarà neanche secondo il suo business plan, a danno dei trasporti cittadini tradizionali? Oppure AirBnB che ha devastato non solo l’ecosistema dell’accoglienza turistica, ma ha messo fuori gioco tutte le regolamentazioni pre-esistenti, ha introdotto lavoro nero o semi-nero (le persone contattate dai padroni di casa per la pulizia degli appartamenti tra un ospite e l’altro), ha indotto speculatori a comprare appartamenti nel centro delle città cacciando il prima possibile gli inquilini per sezionarli e trasformarli in bed and breakfast, rendendo di fatto invivibili molte delle nostre città storiche. La lista potrebbe andare ancora avanti: WeWork è stata una delle bolle più dolorose per l’idea di come strutturare il lavoro senza più un ufficio stabile.
I disastri finanziari
Tra i molti investimenti di Vision Fund, aiutati anche dal fondo attivista Elliott Management, la maggior parte si sono rivelati dei fallimenti miliardari. Come il crollo di Alibaba, che il governo cinese ha bloccato la quotazione della sua società finanziaria controllata che cercava di costruire una criptovaluta cinese indipendente dal governo di Pechino. Oppure quello di Didi, la società alternativa a Uber che è stata indagata, bannata dalla Cina, è poi è stata anche delistata dal Nasdaq, il listino della Borsa di New York che raccoglie le società hi-tech.
In un succedersi di disastri Vision Fund non ha smesso di continuare nella direzione delle speculazioni. In particolare, sono i soldi di Son quelli dietro al tentativo di Nvidia di comprare Arm, che è stato bloccato dalla Federal Trade Commission per violazione delle leggi antitrust. E non si tratta di un intervento caduto in maniera inaspettata dal cielo perché, per acquisizioni da decine di miliardi di dollari c’è un lavoro preliminare di analisi enorme che cerca di prevedere tutti i possibili rischi.
Un uomo solo al comando
La responsabilità di Son è forte. Secondo Arpita Agnihotri, professore alla Penn State Harrisburg, e Saurabh Bhattacharya, professore alla Newcastle University Business School, “La filosofia di investimento basato sulla crescita aggressiva e del monopolio non è eticamente appropriata perché, anche se l’azienda è veramente “disruptive” e ottiene il monopolio, le possibilità che sfrutti i consumatori aumentando i prezzi sono molto elevate. Nel complesso, se le scelte dei consumatori diminuiscono il loro benessere ne risente”.
Questa responsabilità è di Son e del tipo di mondo che immagina e finanzia staccando assegni miliardari a fondatori di startup predatorie che poi continua a “montare” per fare in modo che non rallentino ma anzi aumentino la propria rapacità e fame di crescita a tutti i costi. Quando la bolla tech scoppierà, la sua firma sarà più o meno ovunque sulle schegge dell’esplosione che ne conseguirà.