Una recente ricerca condotta da Epson su un campione di persone che ha lavorato da casa nei primi mesi del 2021 in 11 paesi europei dimostra che durante la pandemia la produttività dei lavoratori da remoto è stata compromessa da una serie di problemi: il 42% di chi ha risposto ha identificato il problema nella mancanza di apparecchiature o tecnologie adeguate, mentre il 60% ha riportato che la mancanza di interazione con gli altri ha compromesso la produttività.
Tra gli altri motivi figurano l’incapacità di portare a termine determinati compiti, menzionata dal 45% degli intervistati, e le condizioni generali di lavoro, un problema riportato dal 44%.
Fortunatamente, le cose sono migliorate dopo le prime chiusure causate dall’emergenza sanitaria: il 73% sostiene che nel tempo ha adattato lo spazio di lavoro; tuttavia il 45% dichiara che la motivazione diminuirà se non vi saranno ulteriori miglioramenti nel futuro del lavoro da remoto. La stessa percentuale (45%) inoltre afferma di non essere soddisfatta del supporto fornito dal proprio datore di lavoro.
Deborah Hawkins, direttrice del Keypoint Intelligence’s Office Group, riflettendo sulla ricerca sostiene: “Nel contesto del lavoro da remoto, si nota un collegamento evidente tra la mancanza di tecnologia e la produttività. Per chi ha gli strumenti giusti, il lavoro da casa è un aspetto positivo, ma per coloro che non dispongono di attrezzature da ufficio adeguate, la produttività ne risente”.
Di conseguenza, molte persone chiedono di più ai propri datori di lavoro: il 38% riferisce infatti di aver bisogno di una sedia nuova o migliore, il 35% desidera un monitor più performante, mentre il 26% dichiara di aver bisogno di una nuova stampante e un ulteriore 37% di più materiale di consumo (inchiostro e toner).
È interessante notare che le persone si aspettano tuttora standard elevati in termini di sostenibilità: il 91% di essi concorda sul fatto che se l’azienda fornisse nuove tecnologie per lo spazio di lavoro domestico, esse dovrebbero configurarsi come sostenibili e rispettose dell’ambiente.
“Il lavoro da remoto è ormai una consuetudine per molte persone in tutta Europa – spiega Massimiliano Carvelli, Head of Consumer Sales di Epson Italia – e probabilmente continuerà a esserlo anche dopo la fine delle chiusure locali e l’emergenza COVID. L’effetto novità però si è esaurito e la motivazione diminuirà, a meno che le aziende non investano. È perciò fondamentale che i datori di lavoro ascoltino il personale e adottino misure per ottimizzare le configurazioni di lavoro a casa, ove possibile, prendendo in considerazione gli strumenti migliori e rendendoli disponibili per l’uso domestico. La tecnologia deve essere adatta allo scopo, efficiente dal punto di vista energetico e capace di ridurre al minimo i costi. Come soluzione a lungo termine, se vogliono mantenere una forza lavoro motivata e produttiva, le aziende non possono fare unicamente affidamento sulla tecnologia già presente nelle case dei dipendenti”.
Indipendentemente dall’allentamento delle restrizioni in alcune aree, il lavoro da remoto avrà un ruolo molto più importante rispetto a prima: entro la fine del 2021, si stima che il 25-30% della forza lavoro lavorerà da casa diversi giorni alla settimana. Per dare una valenza positiva a questo trend, l’ufficio domestico deve evolversi.
Di seguito alcune curiosità emerse dalla ricerca:
- Il 34% delle persone ha spento il microfono e la webcam durante una riunione per fare altro;
- il 26% ha risposto a una chiamata in biancheria intima o in pigiama;
- il 27% è rimasto in abbigliamento da casa tutto il giorno;
- il 64% ha dovuto interrompere attività o chiamate importanti perché qualcuno ha suonato il campanello;
- il 40% ritiene che i figli siano una distrazione;
- il 6% delle persone ha lavorato in auto;
- l’8% delle persone ha lavorato seduti sul pavimento.
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