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Buon compleanno Twitter, quindici anni di successi

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Sono degli sms che volano. Come definire sennò i tweet, i cinguettii di Twitter, il social minimalista inventato da Jack Dorsey, Noah Glass, Biz Stone ed Evan Williams che ancora oggi nell’epoca di Facebook e Whatsapp domina il mondo dei messaggi istantanei?

Twitter è questo: il più minimalista, leggero, veloce, onnipresente strumenti di comunicazione anche social. Difficile forse da capire e da interpretare per chi non si sappia muovere su delle timeline costruite ad albero, perché possono variare a seconda dei differenti thread di risposte e retweet, ma pur sempre rapide ed efficaci.

Twitter oggi è lo strumento più amato da chi non è caciarone. E da chi preferisce sparare un colpo preciso, un commento immediato e icastico anziché dilungarsi su Facebook oppure chiudersi nel recinto dorato di Whatsapp e argentato di Telegram. E magari prepararsi ai contenuti a pagamento.

Oggi Twitter è lo strumento di comunicazione (ma anche di aggiornamento) per quasi mezzo miliardo di utenti attivi, a fronte di meno di cinquemila dipendenti (e all’inizio erano ancora meno). È uno strumento onnipresente, con client nativi per iOS, Android, Windows, macOS, oltre che il web. E là si è spostata la conversazione: vengono twittate miliardi di cose tutti i giorni da politici e giornalisti, da improvvisati creatori di community ed esperti coltivatori di discussioni online, rischiando [la disinformazione e le fake news.

Buon compleanno Twitter, quindici anni di successi

Su Twitter ci si informa, se si seguono le persone giuste, e con Twitter ci si può esprimere senza esagerare, mettendo al centro le parole ma collegandole fra di loro e creando anche delle collane di messaggi, magari con link ed immagini. Senza essere sbranati dai tracker.

C’è tutto un ecosistema di strumenti per gestire ad esempio le parole chiave, le famigerate hashtag, e poi creare storie raccogliendo i messaggi sparpagliati in thread particolarmente ricchi e complessi (ottimo ad esempio il servizio fornito da Thread Reader (ovvero @ThreadReaderApp). Soprattutto, Twitter è riuscito a fare una cosa che pochissimi altri hanno fatto in rete: ha creato un modo per definire le identità.

L’uso della posta elettronica è stato quello che, dal 1971 grazie a Ray Tomlinson, ha dato un nuovo significato alla chiocciolina: da un lato il nome della persona, dall’altro il nome del servizio (originariamente del server) e nel mezzo la chiocciola. Ecco a voi l’indirizzo di posta elettronica. Assieme all’indirizzo web (l’http e il www che tutti conosciamo) sono i due pilastri della rete. Ma è stato Twitter a creare il terzo pilastro, quella chiocciola seguita poi dal nome (@antoniodini, ad esempio) che è l’indirizzo pubblico per conversare e citare le persone in rete. L’idea è piaciuta talmente tanto che anche altri sistemi hanno deciso di adottare, ciascuno nel proprio orticello, questa sintassi per formare i nomi degli utenti e così si possono ritrovare e citare le persone anche su Instagram, Slack, Teams e tanti altri servizi più o meno pubblici e aperti. (Tra l’altro, Twitter di recente ha acquistato Revue, servizio di newsletter, chiudendo in qualche modo il cerchio).

Twitter cancella gli account inattivi cominciando dall’Europa

La storia di Twitter

La nascita di Twitter, 15 anni fa, è stata poco più che casuale. Nato dopo una sessione di brainstorming per cercare di creare un nuovo prodotto dentro Odeo, startup di podcast del 2006 che non stava andando bene. L’idea era quella di mandare messaggi sms, perché ancora non c’erano gli smartphone come li conosciamo oggi: spedire i messaggi a un servizio (twttr) per poi vederli pubblicati automaticamente in rete.

Da qui il limite dei 140 caratteri (poco meno di quelli degli sms per consentire l’intestazione del messaggio) che avrebbero per la prima volta reso disponibile comunicare via internet anche dal telefonino “normale”. All’epoca gli sms erano il Whatsapp delle conversazioni e poterli sparare come fossero stati post di blog era incredibile. Gli hashtag, cioè il simbolo del cancelletto, divenne l’altra convenzione chiave per indicare le tag, le parole da marcare per poterle aggregare.

Il punto di svolta avvenne un anno dopo: nel 2007: alla famosa conferenza dei nativi digitali dell’epoca, la South by Southwest Interactive (SXSWi) (versione digitale del “normale” festival South by Southwest), quelli di Twitter ebbero un’idea geniale che da allora è stata ripresa tantissime volte: misero dei televisori connessi a un computer sul quale comparivano in tempo reale tutti i tweet che taggavano la conferenza. Il flusso di tweet legati all’hashtag appropriato divenne il modo per segmentare la conversazione e questo rese all’improvviso auto-riflessivo il momento. La gente impazzì, tutti si misero a twittare (bastava registrarsi e poi agganciare il proprio numero di telefono all’identità su Twitter) e la conferenza divenne un’altra cosa. La moda si diffuse e nacque un altro modo di comunicare in pubblico.

In pochissimi anni Twitter esplose: durante il mondiale di calcio del 2010 venne registrano uno dei primi tweet-storm, quando il Giappone segnò contro il Camerun e “volarono” quasi tremila tweet al secondo per un intero minuto. Oppure la morte di Michael Jackson nel giugno dell’anno prima, che mandò in crash i server di Twitter. La vitalità del network e la sua capacità di cogliere l’attimo divennero proverbiale. Istantaneo, non pianificato, spontaneo: Twitter divenne lo strumento per esprimere il sentimento della folla, l’animo del momento, l’energia nascosta.

Nel corso degli anni sono stati strutturati vari e differenti tipi di usi sociali di Twitter. Certo è che il social dei cinguettii è diventato sempre di più accettabile e accettato anche dalle elite e non solo dai rumorosi popolani di Facebook. In pochi anni la piccola società del servizio nato quasi per errore si impadronì di una quotaparte consistente dei discorsi e degli immaginari social del pianeta. Rapidamente e senza limiti Twitter divenne il motore di centinaia di milioni di messaggi condivisi da tutte le sorgenti possibili e immaginabili. Soprattutto, Twitter era in pole position per diventare il social della mobilità, mentre Facebook ancora arrancava su quel versante e Whatsapp si stava scaldando a fondo campo.

Twitter nel frattempo si è quotato in Borsa, ha resistito alle sirene delle compravendite, è rimasto autonomo e oggi pochi lo ricordano ma è un bastione contro il monopolio social di Facebook e quello della ricerca di Google. intanto i cinguettii sono raddoppiati per numero di caratteri e si possono scrivere frasi più lunghe.

Twitter è arrivato ad essere uno dei cavalieri dal volto nascosto, nel senso che ancora non sappiamo se buono o cattivo, nella lunga notte della democrazia, con quello che è stato definito il “colpo di stato social”, cioè la co-decisione di spegnere l’accesso ai social al presidente degli Stati Uniti allora in carica, vale a dire Donald Trump. Certo, l’ex presidente se l’è decisamente cercata, ma la decisione totalmente al di fuori di qualsiasi circuito di responsabilità di censurarlo su quelli che sono di fatto i grandi mezzi di comunicazione di massa è stata presa e da quel punto non si torna indietro.

Guerre, rivoluzioni, notizie drammatiche, morti e terremoti, ma anche notizie liete o sorprendenti, e poi la lunga pandemia. Twitter è sempre in prima fila per gli eventi del pianeta, in una posizione unica che è per molti versi ancora più critica di quella di Facebook dato che consente una libertà di movimento e una leggerezza unita a una profonda penetrazione in tutte le demografie e strati sociali che Facebook e gli altri social si sognano.

Dagli account verificati (quelli con la spunta blu) ai trending topics, dalle applicazioni di terze parti per gli apprendisti stregoni dei social alla possibilità di fare foto e video, sino alle storie simili a quelle inventate da Snapchat e clonate da Instagram (cioè Facebook), l’uso di Twitter non ha mai rallentato. C’è anche una versione light disponibile per chi ha telefonini meno potenti e in generale il social dei cinguettii è sostanzialmente una piattaforma planetaria, che permette di fare molto di più che non con le singole altre piattaforme concorrenti.

La rete che è in noi

Sarebbe facile, oggi che Twitter compie quindici anni, spiegarlo e spiegarne il significato “dalla sua prospettiva”, leggendolo come “un angolo di mondo particolare”, raccontandone le vicissitudini, vizi, virtù e possibili evoluzioni come l’ennesimo fenomeno della rete che però guardacaso controlla le nostre vite. In realtà dobbiamo essere onesti con noi stessi: Internet non è un altro posto, la vita che c’è nel mondo fisico c’è anche in rete e viceversa, e soprattutto con la pandemia appare sempre più chiaro che in realtà gli abitanti della rete siamo noi, gli stessi che una volta si incontravano per strada (adesso purtroppo molto meno).

Per questo quello che c’è dentro Twitter è in realtà quello che c’è anche fuori: è quello che c’è nel mondo, quello che la gente come noi fa e dice. È la stessa roba e nello stesso modo. Insomma, Twitter siamo noi. Abbiamo appena compiuto quindici anni, con i telefonini smart da quattordici e con l’abitudine a comunicare ed esprimerci in rete da qualche anno di meno. Ma siamo sempre noi, come testimoniano tragedie e momenti belli, guerre e carestie e gioie e delizie. Concerti e terremoti, morti improvvisi e nascite attese e sorprendenti. Twitter siamo noi, con tutto il bene e il male che ne consegue. Buon compleanno, Twitter.

P.S. La pagina Twitter di Macitynet è questo e conta oltre 90.000 follower.

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