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L’ISIS utilizza app e servizi internet per vendere schiave online

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Circa 100 esperti ed affiliati dei settori della tecnologia e media provenienti da organismi delle Nazioni Unite e delle forze dell’ordine si sono recentemente riuniti per un seminario di due giorni sul traffico di esseri umani in Medio Oriente.

Il risultato finale, riassunto in un rapporto dell’Università delle Nazioni Unite pubblicato questo mese, dimostra che l’ISIS ha schiavizzato più di 5.000 Yazidi, membri di una piccola comunità di etnia curda in Medio Oriente, e sfrutta diversi strumenti internet ed app per vendere le schiave online.

In particolare le donne e le ragazze yazide sono in genere attratte nelle zone di conflitto con la promessa di arrivare a diventare “mogli” dei combattenti ISIS, salvo poi essere tenute prigioniere come schiave ed essere quindi vendute o scambiate.

Secondo quanto dichiarato dalle Nazioni Unite, l’ISIS ha utilizzato Telegram per realizzare aste online di schiave, con foto di donne catturate e ragazze che elencano la loro età, stato civile, la posizione corrente, e il prezzo di vendita.

Nel mese di maggio, un membro dell’ISIS ha postato su Facebook per mettere all’asta due donne schiavizzate, chiedendo 8.000 dollari. Un altro canale è quello di offrire prigioniere yazide dall’Iran agli uomini, tramite riviste online e video di YouTube, per invogliarli a unirsi alla lotta.

“Le piattaforme di social media vengono utilizzati per facilitare il commercio e il traffico” ha detto un rappresentante delle Nazioni Unite all’inizio di quest’anno. “Donne e bambini vengono offerti nello stesso forum online in cui si vendono fucili e granate”

I siti di social media hanno a lungo lottato per estirpare il terrorismo online; il passo successivo è quello di estendere l’aiuto alle vittime. Il rapporto delle Nazioni Unite suggerisce alle autorità di sfruttare le stesse piattaforme di cui fanno uso i trafficanti per sensibilizzare e scoraggiare la diffusione della schiavitù moderna.

Infine il recente rapporto delle Nazioni Unite afferma che i social media dovrebbero lavorare per individuare, in base al contenuto dei loro feed e dei dati georeferenziati, individui specifici che possono essere vulnerabili al traffico di esseri umani, e integrare le avvertenze e le informazioni di assistenza (come ad esempio i dettagli per un numero verde o app di assistenza) nei loro feed.

traffico di essere umani isis 2

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