Nasceva trent’anni fa Navionics, azienda italiana leader mondiale nel settore delle mappe che nel 1984 ha scommesso sulla cartografia elettronica cambiando per sempre il modo di navigare delle persone. Dal primo plotter cartografico Geonav del 1984, Navionics ha continuato a investire in innovazione e ricerca fino ad arrivare a realizzare le mappe scelte dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e a produrre le ultime app per smartphone, tablet e per computer che offrono carte elettroniche, sistemi di navigazione marina, per acque interne e cartografia di stazioni sciistiche.
Giuseppe Carnevali, presidente e fondatore di Navionics, ripercorre con Macitynet le tappe della storia della sua azienda, dei suoi passi mossi dalla sede di Massarosa fino alla sua espansione all’estero, soffermandosi sui cambiamenti legati all’arrivo di iPhone, e spiega come le sue mappe, realizzate da un team di ingegneri e giovani talenti, siano diventati dominanti nel mercato della tecnologia e della innovazione nonostante le difficoltà burocratiche, gli adempimenti fiscali e la scarsità di incentivi per le nuove tecnologie in Italia. Navionics, nel suo trentesimo anno di attività, anche se ha molte sedi all’estero (USA, Australia, India, Gran Bretagna) ha a disposizione il più grande database di mappe nautiche e lacustri, che copre le acque salate dell’intero pianeta e decine di migliaia di laghi e fiumi, realizzate grazie a rilevamenti effettuati direttamente dai tecnici Navionics sul campo e grazie all’uso di nuove tecnologie come il rilevamento laser e fotografia satellitare.
Navionics è una storia di successo internazionale per un’azienda italiana. Come siete nati? Qual è la vostra storia?
Facendo di necessità virtù: a causa della stretta sul petrolio nell’83 c’è stata una crisi economica forse peggiore di quella attuale, per cui mi sono trovato ad essere disoccupato e con famiglia a carico, ed ho dovuto inventarmi un nuovo mestiere: da ingegnere navale che si occupava di carpenteria in acciaio a micro imprenditore nell’alta tecnologia, in questo però aiutato da un’ampia esperienza di navigazione e di strumentazione di bordo.
Qual è il valore aggiunto dell’essere italiani e quali sono i problemi del fare impresa ad alta tecnologia oggi nel nostro Paese?
In una scala da 1 a 10, il valore aggiunto di stare in Italia è -20. Noi esportiamo il 97% del nostro fatturato, quindi ci troviamo a combattere contro le aziende di tutto il mondo, dove una causa civile si risolve in un anno, dove esiste un solo contratto di lavoro invece di 45, dove esiste una sola tassa invece di migliaia di adempimenti fiscali e burocratici, dove è possibile reinvestire quello che si guadagna (creando posti di lavoro) invece di darne due terzi allo stato, dove se si pagano onestamente le tasse si sta tranquilli che nessuno ti blocca l’attività per fare mesi di accertamenti per trovare comunque la maniera di piantare la grana, dove i giovani capaci vanno a trovare lavoro invece di scappare in altre nazioni (e di sicuro non lo fanno per andare a cercare l’articolo 18), e così potrei continuare a lungo.
Fare alta tecnologia in Italia, per competere sul mercato internazionale, rasenta l’impossibile. Faccio anche notare che non ho citato il costo del lavoro: i nostri concorrenti più forti sono in America e in Europa, dove gli stipendi non sono certo inferiori a quelli italiani, ma dove le aziende possono lavorare per fare buoni prodotti anziché per alimentare una burocrazia vorace ed insaziabile. Senza tutti questi bastoni fra le ruote, in Italia nell’alta tecnologia si potrebbero creare molte centinaia di migliaia di posti di lavoro per i giovani.
Quanti dipendenti a livello globale avete al momento?
Circa 500, di cui 150 in Italia, 30 in USA, 20 in Estonia, e 300 in India.
Quanti dei vostri dipendenti si dedicano al settore cartografico su PMD?
Circa 350 persone: noi abbiamo un unico database di cartografia, che viene usato su tutti i dispositivi, dagli smartphone ai tablet agli strumenti di navigazione montati sulle imbarcazioni. È stato il primo database di tipo vettoriale seamless a copertura mondiale, ed è tuttora il più grande e dettagliato che esiste: neanche in Dipartimento della Difesa degli USA ne ha uno paragonabile, tanto che i loro corpi speciali usano la nostra cartografia.
Quanti sono invece i vostri sviluppatori di app? Quante app avete realizzato fino ad ora?
Circa 100 persone, fra interni ed esterni, sviluppano software. Trattandosi del nostro core business, cerchiamo di fare il più possibile con personale interno, ma nei momenti di picco, o quando ci sono problemi molto particolari, ricorriamo a ricercatori del mondo universitario o a fornitori esterni.
Il nostro motto è: “Iniziamo dove finisce la strada”, quindi abbiamo quattro app: per la navigazione sull’acqua, sulla neve, sui sentieri e presto una per la navigazione aerea.
Come si coordinano gli sviluppatori con il resto dell’azienda?
Molto bene: ogni nostro prodotto è l’integrazione molto stretta del lavoro di tutti i reparti, e abbiamo persone addette a facilitare questa sintesi.
A che punto della storia di iPhone avete deciso che sareste diventati attori (protagonisti) nel campo delle app?
Prima ancora che nascesse l’iPhone: da anni si parlava di smartphone, e prima Eriksson, poi Nokia, poi Blackberry ci avevano provato, ma non c’erano riusciti, quindi aspettavamo in gloria che arrivasse un vero smartphone. Appena uscito l’iPhone e la prima SDK mi sono reso conto che il momento finalmente era arrivato, e così la nostra prima applicazione è stata la n° 34 dello Store italiano. Come è noto oggi ce ne sono oltre 1.2 milioni.
Il modello di vendita e ricavi 70/30 ha in qualche modo frenato la vostra decisione di ingresso?
Costa circa quanto la distribuzione tradizionale, mentre nell’era digitale ci si aspetterebbero costi minori; tuttavia l’iTunes Store si rivolge a 800 milioni di accounts e funziona benissimo, per cui vale il suo costo.
Quanto invece la diffusione di iPhone e la semplicità di accesso alle App per smartphone crede che abbia incrementato le vendite del vostro prodotto?
Non c’è dubbio che l’accoppiata iPhone-app ha cambiato il mondo, creando enormi nuove opportunità. Tuttavia l’era pionieristica, in cui c’è spazio per tutti, sta volgendo alla fine: i clienti stanno diventando molto più selettivi ed esigenti, e sopravvivranno solo relativamente poche app fatte molto bene; la concorrenza sta diventando durissima.
Questo, che è di fatto uno strumento di marketing aggiuntivo, ha in qualche modo cambiato i vostri piani di marketing diretto presso fiere e clienti?
Certamente: con questo strumento ogni giorno abbiamo un dialogo diretto con più clienti di quanti ne raggiungiamo in un anno con mezzi tradizionali, che tuttavia mantengono la loro importanza: alla fine anche il cliente più digitale vuole parlare con un essere umano.
Qual e’ il prodotto nella vostra gamma che vi sta dando più soddisfazioni?
Il mercato delle barche è il nostro core business storico, ma le altre app sono un pozzo inesauribile di occasioni per imparare, e a noi piace moltissimo imparare, per cui tutte le app ci danno grandi soddisfazioni.
Pensate di allargare ulteriormente la vostra offerta di mappe in futuro? E in quale ambito?
Certamente! Per tutte le mappe che iniziano dove finisce la strada c’è moltissimo da fare per migliorare la copertura, la precisione, il livello di dettaglio. Sono opportunità molto eccitanti e le nuove tecnologie consentono di inventare cose del tutto impensabili anche solo pochi anni fa. Noi lavoriamo e continueremo a lavorare molto per usare e creare le tecnologie di mapping più avanzate.