Chiamatelo il fondo per garantirsi da una eventuale “gelata” del mercato. Oppure una manifestazione dell’insicurezza inconscia di Steve Jobs, che ha salvato per il rotto della cuffia Apple piena di debiti dopo il suo ritorno nel 1997 e adesso non vuole rischiare di lasciarle il fianco scoperto. Fatto sta che Apple ha raggiunto la soglia dei 18,4 miliardi di dollari di riserve in cassa, con l’aggiunta di altri 3,1 miliardi nell’ultimo trimestre soltanto.
“E una cifra oltraggiosamente elevata” ha detto Gene Munster, uno degli analisti che per conto di Piper Jaffray segue con attenzione e precisione Apple da molti anni. Un quantitativo di soldi immobilizzato in contanti, equivalenti e investimenti a breve termine. Praticamente: una liquidità enorme. Quale sarà il suo possibile uso?
Peter Oppenheimer, il responsabile delle finanze di Apple, durante l’ultima intervista per i risultati fiscali (primo trimestre dell’anno fiscale in corso) ha dichiarato che “Stiamo gestendo il nostro business molto, molto bene. Il riacquisto delle azioni e altre forme di reintegrazione della cassa vengono discusse di frequente con il consiglio di amministrazione. Tuttavia, la nostra forma preferita di gestione è quella che prevede il mantenimento di una solida bilancia dei conti per preservare la nostra flessibilità in caso serva a fare investimenti strategici o acquisizioni importanti”.
In realtà , come dimostra la storia recente di Apple, nonostante le acquisizioni siano numerose e molto importanti per Cupertino, sono anche molto poco onerose da un punto di vista finanziario. Piccole società che sviluppano singole tecnologie molto importanti, come quella multi-touch utilizzata negli iPhone, negli iPod touch e nei nuovi MacBook Air “vengono via” con qualche milione di dollari. Allora, come mai tutti questi soldi in cassa? E a quale scopo?
“Io credo – spiega Gene Munster – che, vista la storia di Apple negli ultimi venti anni, questo sia un aspetto più culturale che altro: tenere più soldi in cassa possibile. Apple è passata attraverso giorni davvero neri e adesso vogliono essere capaci di gestire da un punto di vista finanziario in posizione di forza qualsiasi cambiamento “climatico” del contesto competitivo”. il deposito di Zio Jobs in realtà è la riserva delle formiche, contrapposta agli investimenti da cicale che troppo spesso caratterizzano la vita delle grandi imprese nella Silicon Valley.
Per quanto riguarda l’ordinaria amministrazione, da notare che Apple investe il 3% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo. Poco rispetto al 14% di Microsoft, ad esempio, ma con tutt’altro risultato verrebbe da notare. Il titolo di Apple, che nel corso del 2007 era salito ben più rispetto agli indici del mercato, adesso è tuttavia sceso in poche settimane del 40%, sino a 119 dollari, ben al di sotto dell’8,3 di perdite dell’indice S&P 500.