iPrison è il neologismo ad effetto attribuito ai prodotti Apple da Richard Stallman, padre e guru del software libero. Stallman non ha mai avuto parole gentili per le multinazionali hi-tech, colpevoli di comandare e controllare la vita digitale degli utenti, inclusi tutti i loro preziosi dati.
Intervistato da L’Espresso l’attivista statunitense rincara la dose contro Apple e Microsoft «Per me tutti i prodotti Apple si dovrebbero chiamare iPrison in quanto minano alla base le libertà informatiche dal momento che accettano solo programmi sviluppati esclusivamente dalla compagnia».
La frase non è chiarissima: naturalmente su Mac, iPhone e iPad è possibile usare liberamente software di sviluppatori terzi: su Mac Apple permette di installare anche il sistema operativo Windows della concorrente Microsoft, mentre su mobile l’unico sistema operativo possibile è iOS di Apple. Purtroppo nell’intervista il concetto di Stallman non è ulteriormente elaborato, in ogni caso risulta lampante che per Stallman l’ecosistema della Mela è una galera per gli utenti.
In questo senso le prove addotte proseguono «Ogni foto o video prodotto su un dispositivo Apple finisce immediatamente sui server della compagnia». Qui il riferimento diretto è senza dubbio a iCloud, ma Richard Stallman precisa che gli utenti farebbero meglio a non usare alcun tipo di cloud, incluso quello di Cupertino.
Le ferme convinzioni di Stallman sul software proprietario sono note da decenni: oltre a limitare i diritti degli utenti negli ultimi anni si è aggiunto anche il problema della privacy e della tracciabilità. Per l’ideatore della licenza GNU fondatore della Free Software Foundation e solo il software libero con codice sorgente disponibile per tutti permette di visionare il programma, modificarlo a piacere, assicurarsi che dati e informazioni non vengano carpiti dalle società a scopo di profilazione o profitto.
Per tutte queste ragioni Stallman si scaglia anche contro gli onnipresenti smartphone che permettono sempre più di conoscere dati, abitudini e anche la posizione dell’utente. Il suo consiglio è quello di usare sempre software libero, navigare con strumenti che assicurano l’anonimato infine di buttare lo smartphone.